di Maestra Rosalba

venerdì 16 settembre 2011

Terapie riabilitative e frequenza scolastica

Delle tante cose che nella scuola sono cambiate, e ve ne sono, una l'ho vista restare uguale anno dopo anno.
Chi ha pratica di attività di sostegno la conosce bene: l'ingresso ritardato degli alunni che si recano a fare terapie riabilitative in strutture sia pubbliche che private. 
Ovviamente scuola e centri riabilitativi svolgono funzioni complementari ma differenti, se la prima si occupa dell'apprendimento e della socializzazione, i secondi si occupano direttamente del disturbo intervenendo in maniera specialistica.
So che ci sono state esperienze avanzate che prevedevano l'intervento specialistico all'interno dell'ambito scolastico. Ma credo siano pratiche estinte e tutti sappiamo perché.
Non è diffuso ma abbastanza frequente che vi siano alunni che  arrivano a scuola a lezione inoltrata. Accompagnati dai genitori, sono costretti una o più volte alla settimana a bussare, interrompere il lavoro dei compagni, entrare con imbarazzo, sedersi in aula e cercare di riprendere il filo delle attività iniziate. 
Se l'ingresso coincide con la presenza dell'insegnante di sostegno significa  essere aiutati, se invece in aula c'è una sola maestra significa che l'aiuto sarà esiguamente compatibile con il prosieguo dell'attività e con le esigenze di tutta la classe. E per quanto una maestra possa essere attenta il risultato è un rammendo improprio per cercare di riallacciare i contenuti di quel momento con quanto accaduto in assenza del bambino. 
Può accadere anche che si faccia finta di nulla, e il bambino resta semplicemente sospeso in attesa dell'inizio di una nuova attività, o di un cambio di ora e d'insegnante.
Non di rado questo accade già nella scuola infanzia e continua nella scuola primaria... 
Perché bisogna anche pensare agli anni e a come un bambino se li vede passare, facendo sempre le stesse cose: entrando a scuola da solo quando i compagni hanno cominciato da un pezzo. 
A me di tutto questo non dispiace tanto la perdita delle attività didattiche, cui il bambino necessariamente rinuncia, perché confido sempre nel fatto che un argomento alla scuola primaria si spiega molte volte da tante sfaccettature, a me dispiace quell'ingresso, che ho visto ormai migliaia di volte, di questi bambini che entrano a volte mentre si parla, altre mentre c'è concentrazione, silenzio o si legge, la maggior parte di loro rendendosi conto che l'orario d'ingresso è ciò che sottolinea la loro diversa condizione e soprattutto fanno la figura di chi interrompe qualcosa. 
La condizione di un bambino e una famiglia costretti a dividersi tra due bisogni egualmente importanti e ugualmente irrinunciabili. E non diversamente cela le stesse insidie l'uscita anticipata dalla scuola.
Ora va da sé che la scuola, esclusa quella a tempo pieno e quella  dell'infanzia che funzionano per otto ore,  non si può fare al pomeriggio, e che i centri riabilitativi sia pubblici che privati  (il privato poi mi pare che dovrebbe maggiormente essere flessibile) funzionano anche al pomeriggio, non sarebbe un atto di civiltà fare in modo che un bambino ci si possa recare in orari diversi dalla scuola?



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2 riflessioni:

monica -pontitibetani il 16 settembre 2011 alle ore 20:31 ha detto...

Ti rispondo qui, in base ai miei ricordi, non lavoro più in neuropsichiatria da molti anni.
Parto dal fatto che hai ragione, anche tu, ma in parte credo anche loro. Ho in mente d'altra parte i problemi della neurospsichiatria, simili a quelle delle strutture private, visto che queste hanno assunto più o meno organizzazione simile.
Il che vuole dire lavorare dalle 8,30 alle 17/18.
Ma seguendo solo i bisogni della scuola vorrebbe dire lavorare con i bimbi solo due ore al giorno, quando sono più stanchi, dopo una intera giornata di impegni. e la cosa si fa anche più complessa se si tratta di bimbi che hanno almeno due terapie in corso ( es logopedia e psicoterapia); cosa abbastanza plausibile con la disabilità. E come dicevo su twitter prima, ho visto allungarsi le liste di attesa (nel pubblico- visto che non sostinuivano gli operatori a fine contratto o li precarizzavano) e quindi aumentare l'accesso al privato convenzionato. Per i genitori e per i bimbi il privato è stato la salvezza sui tempi di accoglienza, che si riducevano.
Ma anche allora il problema c'era, tra due richieste uguali e contemporanee, nell'avere a disposizione il tempo migliore del bimbo, quello in cui la lezione o la terapia "funzionano" meglio perchè il bimbo non è stanco.

L'unica soluzione era - allora - andare a scuola, in assenza di altre soluzioni a ragionare con le maestre sulle ore che il bimbo poteva "saltare" senza perdere troppo, sui momenti che si potevano sfruttare al meglio, trovando una mediazione. Le terapie durano più di un anno e si poteva giocare anche su questo, un anno il bimbo sta meno a scuola un certo giorno, e l'anno successivo si cerca di non penalizzare la scuola, ma sempre senza dimenticarsi anche delle possibilità della famiglia. Insomma quel famoso lavoro di rete.

Resta quindi solo il dubbio, se il privato ma anche il pubblico abbiano continuato quell'opera di lavoro di rete, o se questa cosa c- he tu segnali - nasca dall'abbandono di un pensiero (tutelante per tutti) di progettare insieme e organizzare la rete di supporto attorno ad una famiglia con un bimbo disabile ...
Con i disguidi, e le fatiche connesse quando la rete non si parla e non collabora, e che ad esempio la scuola vive nel modo che descrivi ...

Rosalba il 16 settembre 2011 alle ore 21:29 ha detto...

Ciò che scrivo non si riferisce ad un caso, ma a tante situazioni che ho visto negli anni e che tu inquadri bene portando il contributo dell'altra parte.
Ho anche voluto portare il punto di vista del bambino, per quanto certo basato sulle mie percezioni e anche contaminato dalle emozioni. Ovviamente i raccordi esistono, ma spesso le parti non riescono a conciliare convergendo su ciò che è meglio per il bambino.
Un bambino che fa cinque ore al mattino e fa la giusta pausa, che ovviamente non deve eseguire compiti a casa, altrimenti saremmo da capo, può fare la terapia al pomeriggio con la giusta dose di energie.
Io credo che occorre fare sempre un bilancio di costi e benefici in base a quanto anche s'incide nella sfera dei diritti della persona.
Diverso credo sia la questione dei bambini che fanno la scuola infanzia e il tempo pieno per il quale l'utilizzo del tempo scuola è vincolante direi.

grazie del commento :)

 

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