di Maestra Rosalba

lunedì 30 novembre 2015

La realtà scolastica è oltre Natale sì, Natale no

Due righe per spiegare, al mio piccolo ma affezionato pubblico, che in realtà Natale sì, Natale no, non è uno dei tanti problemi della scuola. Ne abbiamo tante di incognite che pesano sulla nostra testa, ma le ricorrenze e le celebrazioni che tanto appassionano l'informazione, non sono un tema rilevante per la scuola di oggi.
Si tratta di un tema d'impatto mediatico, che colpisce l'immaginario di molti, a cui la scuola è in genere capace, senza l'intervento dei media, dei direttori regionali, e perfino del ministero, di fornire una risposta adeguata.
Sono decenni che la scuola, in quanto istituzione, quindi nelle persone dei docenti, dei genitori e degli alunni, si risolve egregiamente queste tematiche.
Stupefacente vero?
Ora che sia l'intervento inopportuno di un dirigente illuminato (?) a cancellare anni di lavoro di integrazione (sì, si chiama integrazione quella di riuscire a far parlare civilmente persone che la pensano diversamente) fa un po' specie.
Intanto esiste da anni la materia alternativa alla religione cattolica, quindi non vogliamo dimenticare quelle migliaia che ogni anno scelgono la materia alternativa, in molti non se ne rendono conto, erché da scuola ci mancano da anni, che dico, da decenni, ma ci sono alunni che  pur possedendo una fede, scelgono un'altra materia. Non vorrei che questi alunni, presenti nella scuola da decenni, fossero figli di un Dio diverso perché di essi nessuno si è mai preoccupato durante le festività natalizie. Ovviamente nessuno se n'è mai preoccupato a ragion veduta, perché di solito, senza far baccano,  ci si mette d'accordo sulle modalità di partecipazione. Un approccio diverso da quello usato dal Dirigente salito agli onori della cronaca, che pur avendo ragione nella sostanza ha torto nella pratica. Non ci sono sì o no, cose vietate cose permesse, contenuti che offendono, contenuti che lusingano, esistono i modi con cui le persone ragionano sulle differenze di esperienze, culturali, religiose e di costume. Il Natale ne mette in scena alcune, le altre religioni ne hanno altre, soprattutto da nessuna parte è sancito il divieto di celebrarle entrambe, come spesso vedo fare nelle scuole. Non è la censura la risposta per attuare la tolleranza, la convivenza e l'inclusione.
E' tutto qui.
Non l'ha compreso il dirigente che pur avendo individuato il problema ha fornito la risposta sbagliata. Non lo hanno compreso i media, e più di loro alcuni politici che gridano al lupo al lupo per fare cassa, Da tempo la scuola risponde ai bisogni della multiculturalità, non solo in termini religiosi, ma soprattutto di modi di essere, di partecipare, di interagire. La realtà scolastica è già oltre le preoccupazioni del Dirigente in questione, e ha sorpassato di anni luce  la miopia di politici e giornalisti asserviti.
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mercoledì 25 novembre 2015

La tolleranza

L'educazione inclusiva è un percorso stancante. Richiede pazienza, dedizione, ascolto, un alto livello empatico, concentrazione verso il compito educativo, autocontrollo e lucidità. Tenere alti questi livelli,  e tutti contemporaneamente, non è compito facile. Ma i  risultati sono straordinari.

Dall'attività didattica odierna:
Maestra (prendendo spunto dalle tematiche scelte per l'incontro di Natale con le famiglie): "Perché sapete è proprio necessario essere tolleranti, verso se stessi e verso gli altri..."
Dopo dieci minuti di conversazione un alunno: "Maestra ma cosa è la tolleranza?"
"Sono contenta tu l'abbia chiesto prima della fine della discussione, altrimenti saremmo arrivati a Natale senza averlo mai chiarito". Rispondo aggiungendo la nota ironica.
"La tolleranza è la capacità di concepire, a volte anche di farci piacere e di apprezzare,  ciò che è diverso da noi. Si può essere diversi da noi per il corpo, le idee, le abitudini, ecco è la tolleranza che ci spinge a  comprendere che quella diversità è naturale, anche quando ci infastidisce. Voglio aiutarti con un esempio. Ti sei mai sentito intollerante nei confronti di un compagno, ti ha mai dato fastidio un suo comportamento anche se non era diretto a te?"
"Sì, una volta all'inizio dell'anno un compagno, che è anche mio amico, ha detto alla nuova compagna arrivata a settembre, che era testarda, lei si è offesa e ha cacciato un urlo fortissimo che ci ha squarciato le orecchie"
"Cosa ti ha dato fastidio di quell'episodio?"
"Il suo urlo, non doveva reagire così"
"Hai riflettuto sul perché ha urlato così, ci hai pensato?"
"Non so"
"Pensa a ciò che mi hai detto, prima che urlasse le è stato detto qualcosa"
"Ah si che era testarda"
"A te sarebbe piaciuto?"
"No, se uno mi dice che sono testardo mi dà molto fastidio"
"Quindi la sua reazione benché sbagliata era comprensibile?
"Sì a pensarci bene lo era"
"Perché allora hai dato ragione al tuo compagno?"
Mormorio della classe...
"Potrebbe essere perché lui lo conosci da anni, lei da qualche giorno, lui è tuo amico e lei no..."
Gli si illuminano gli occhi. Annuisce.
"E' evidente che tendiamo a difendere le persone del nostro gruppo, ciò è normale: tolleriamo di più i comportamenti di chi appartiene alla cerchia degli amici, alla famiglia, alla classe e meno chi invece ne sta fuori, non pensi?"
"Si è vero a pensarci bene è così"
"Allora voglio ora invitarti a vedere un'altra prospettiva: pensa se tu fossi quello arrivato in una classe come questa, dove vi conoscete da tempo e anche se non potete dire di essere amici di tutti, avete dei buoni rapporti. Immagina di aver lasciato i tuoi vecchi compagni, di avere nuovi insegnanti, nuovi compagni, che sono gentili ma non pui definire il tuo gruppo, chi sarebbe in una situazione di svantaggio: tu che sei appena arrivato o il gruppo?"
"Sarei io in svantaggio, perché avrei appena perso tutto ciò che avevo: amici, maestri..."
"Quindi se ti domando chi si è trovato più in difficoltà all'inizio dell'anno, tra il gruppo e la nuova compagna, cosa mi rispondi"
"Che era lei più in difficoltà, perchè doveva ricominciare tutto"
"Ecco vedi, la tolleranza è anche capire le difficoltà dell'altro, provare a pensare perchè ha agito in un modo, provare a immaginare se a volte ne siamo, anche involontariamente, la causa".

"Bene ora tutti in palestra." Boato di gioia.
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mercoledì 17 giugno 2015

Dichiarazioni d'amore

Ci sono molto modi per dichiarare le proprie passioni e i bambini, non tutti, ma quelli spontanei, abituati ed educati a esprimere le emozioni sono soliti farlo in maniera inusuale. Sono capaci di inventarsi cose strabilianti. Del resto gnerazioni di scrittori ne hanno rappresentato la fantasia e l'arguzia.
Qusti anziché dire direttamente cosa provano si inventano un modo, un sistema si fanno venire in mente qualche stratagemma per realizzare il sogno. Per carità piccole cose insignificanti, cose di bambini appunto, a cui spesso non facciamo caso se non sono abbastanza eclatanti, cose che non si riportano come le peripezie da raccontare. Più che altro spesso il segno di un affetto covato o il resoconto di un divertimento, forse andato anche oltre le aspettative.
Un bambino di seconda alla sua mamma: "Mamma ti prego, diglielo alla mia maestra che io voglio fare le ripetizioni estive". Lei gli ha spiegato che non è possibile, che anche le maestre si riposano, devono riposarsi, anzi è doveroso si riposino. Poi ci siamo incrociati e alla mamma è venuto in mente di dirmelo così al volo davanti a lui, lui si è vergognato e l'ha abbracciata per nascondere il viso. Allora sono andata, ho preso il suo braccio invitandolo a guardarmi: "Tu puoi venire a trovarmi quando vuoi, mi troverai impegnata a fare tutte le cose che d'inverno non sono riuscita a fare e forse, ma quasi di sicuro, a pensare come inventarmi cose nuove per il prossimo anno".
Ma come si fa a non amarli questi alunni, quando loro ci vogliono bene in questo modo incondizionato?

I credits dell'immagine sono di Nicoletta Costa
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mercoledì 10 dicembre 2014

Albero di Natale 2014

Anche quest'anno ecco l'idea per un albero di Natale facile e d'effetto, non si tratta di un'idea originale, giacché lo spunto è preso da una nota rivista, ma noi l'abbiamo rielaborata a scuola per addobbare le pareti e l'angolo del Natale che abbiamo creato con il contributo dei bambini.
Il nostro angolo del Natale è fatto da un presepe in pasta al mais, realizzato qualche anno fa e visibile qui con  tutte le istruzioni, una raccolta di beni di prima di necessità da consegnare al Centro d'ascolto del quartiere, che nei giorni prima delle feste lo distribuirà a chi ha bisogno e un albero di Natale. In tempi di vacche grasse il comune acquistava un bell'albero dal vivaio e ne portava uno in ciascun plesso scolastico. L'albero sostava poi alcuni mesi in giardino e finiva con il morire. Ora il comune manda gli operai nel bosco e fa tagliare un ramo di pino, il risultato è un ramo sghimbescio, con poche foglie che non si può addobbare e che per il secondo anno consecutivo resterà lì a morire solitario. Meglio sarebbe stato acquistare in via definitiva un albero finto, e non far torto agli alberi veri, perchè si sa nelle scuole finisce che nessuno se ne occupa.
Ecco perché ci siamo innamorate di questo albero, tutto all'insegna del riciclo, per il quale occorre:
- una grossa sagoma di cartone spesso a forma di albero;
- addobbi di qualsiasi tipo, anche danneggiati, scheggiati, ormai abbandonati: fiocchi, cuori, stelle, animali del presepio, foglie dorate, fiori... (se si realizza a scuola è sufficiente far portare a ciascun bambino un addobbo che non serve più, che altrimenti andrebbe gettato).
- colla a caldo.
L'unico accorgimento vero di questa realizzazione è che gli oggetti vanno incollati in ordine, va quindi creata una geometria, ci si può aiutare segnando i punti dove incollare o utilizzando una riga. In cima si può posizionare un fiocco, una grossa stella, poi procedere in bell'ordine con il resto degli oggetti.
Ed ecco qui la nostra realizzazione:




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giovedì 27 novembre 2014

Lavoretto di Natale: l'angioletto musicale

Per questo lavoretto, delicato e decorativo, occorrono:
- un foglio bianco con uno spartito a tema natalizio,
- fogli di cartoncino color avorio, tanti quanti angioletti intendete realizzare,
- una pallina bianca di quelle da appendere all'albero di Natale, privato dell'appendino,
- carta dorata,
- un nastrino rosso per il fiocco,
- nastrino dorato per la coroncina,
- attaccattutto forte,
- colla a caldo,
- forbici,
- punzecchio e feltrino per punteggiare,
- pennarello indelebile: blu e rosso.

Per prima cosa cercate uno spartito musicale su fondo bianco oppure scaricate questo, stampate solo la prima pagina (l'altra non occorre) su carta bianca, poi prendete e fotocopiatelo su cartoncino avorio. Scaricate la sagoma del vestito e delle ali, trasferitela su cartoncino rigido e decalcate sul retro pulito del cartoncino avorio fotocopiato.
Ritagliate o fate punzecchiare lungo tutto il bordo scuro, una volta ottenute le sagome ritagliare lungo la linea tratteggiata le maniche. Avrete ottenuto mezzo cerchio, fatene un cono, con le restanti due parti fate altri due coni: il bordo ondulato è il bordo inferiore della maniche.
Fromate, incollandone i bordi, il cono che fungerà da vestito, incollate le maniche sempre a forma di cono. Attendete che asciughino.
Incollate la carta dorata sul retro delle ali, dall'altra ci sono le note, aspettate che asciughi poi ritagliate. Unite le maniche lateralmente al vestito, con le forbici ricavate in cima al cono un buco e infilate la pallina bianca, fissate dall'interno del cono con colla a caldo. Aspettate che si rapprenda.
Quando tutto è asciutto fissate il fiocco sul davanti, l'aureola sul capo e le ali sul retro con la parte dorata all'esterno come da foto. Disegnate gli occhietti blu e la bocca rossa con i pennarelli indelebili.





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lunedì 24 novembre 2014

I suoni MP e MB, in classe seconda

Quella che segue è la sequenza completa per spiegare e far comprendere agli alunni di classe seconda che prima delle letterine P e B va messa la consonante M.

E per divertirsi un po' anche una breve filastrocca da dettare. Il caro vecchio dettato è sempre molto utile per far memorizzare i suoni difficili.

Bambini sui trampoli 

I bambini camminano sui trampoli, 
saltano, traballano, si poggiano ai lampioni. 
Arriva il temporale. 
Corrono, si riparano sotto l’ombrello. 
All’improvviso torna il sole, 
i bambini tornano allegri sui trampoli. 
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venerdì 14 novembre 2014

Il posto vicino alla maestra

Fin dallo scorso anno, cioè dalla prima, ho sistemato un banco con una sedia in modo da far sedere un alunno vicino a me. Si era verificato che un bambino fosse particolarmente vivace e avevo pensato di aiutarlo a conquistare un po' di autocontrollo e perfino di autostima, visto che sosteneva di continuo di non essere capace a far nulla, facendolo sedere accanto a me. La "cura" ha funzionato tant'è che dopo qualche tempo dall'inizio del nuovo anno gli ho proposto di andare a sedere con un compagno. Autostima riconquistata, ha smesso di essere tra gli ultimi a finire, convertito al desiderio di fare bene, non necessita più di aiuto da parte mia, solo ogni tanto viene a chiedermi sottovoce se sta andando bene e se sono contenta. Quindi è stato il turno di un altro alunno, che però ha risposto con molta riluttanza al mio invito. In realtà i miei non sono inviti a caso, si tratta di bambini che mal volentieri accettano il peer tutoring, anche perché sono molto bravi, ma hanno qualche difficoltà a organizzarsi nel lavoro autonomo, mettendoli vicino a me, che lavoro a stretto contatto di gomito con la lim e la lavagna di ardesia, riesco a intervenire più spesso suggerendo strategie, aiutando a impostare il lavoro e cercando di re iniettare fiducia nelle proprie risorse in modo da rimpinguare l'autostima e condurli all'autonomia operativa, in un meccanismo di rinforzo che quando funziona si autoalimenta. Riluttante e dubbioso il mio alunno ha finalmente acconsentito a stare vicino alla cattedra e già si vedono i primi risultati, più concentrazione, meno azioni di disturbo verso se stesso e verso gli altri, attività più produttive e più precise. Oggi gli ho quindi chiesto se vuole tornare al suo posto, giusto per tastare il terreno, anche perché è prematuro che torni tra i banchi, e mi ha detto che no, vicino alla cattedra si sta bene e per ora preferisce stare dov'è.
Così ho pensato a come cambiano le percezioni, stare vicino all'insegnante potrebbe sembrare una punizione o roba da "ultimo della classe", certe idee perdono di senso se si dimostra che sono solo preconcetti,  che in realtà sono i bisogni che contano. Anche di questo ai bambini tocca dare dimostrazione pratica: aiutarli a capire che non c'è nulla di male nel farsi aiutare.
Il banco di rotazione è una buona strategia non è necessario andare male a scuola per provarlo, certamente conta molto come viene usato e percepito. Per noi è diventato un luogo prezioso e tutti vorrebbero poterci stare.


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venerdì 7 novembre 2014

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