di Maestra Rosalba

martedì 24 luglio 2012

Il tiro al bersaglio nel web

Man mano che il web continua a crescere, e cresce smisuratamente, oltre che pozzo inesauribile di contenuti diventa sempre più fenomeno sociale da indagare. Certamente non è questa la sede competente per entrare nello specifico e non se ne avrebbero né i numeri né le necessarie conoscenze. Quello che si può fare da questa finestra è raccontare i fatti così ché un po' di gente ne venga a conoscenza, al punto che un po' qui e un po' là la cosa si riesce a diffondere. 
Nel mio piccolo ho già sperimentato cosa significa "pestare i piedi a qualcuno in rete", dove pestare non significa sbagliare in qualcosa ma andare a toccare interessi di gruppi di persone. Mi capitò con il post sulle scie chimiche, che non parlava di scie chimiche ma raccontava un episodio di scuola, con il quale mi tirai addosso una serie di minacce e insulti attraverso tutti i canali della rete: mail, facebook, twitter e sul blog stesso con commenti che non ho mai pubblicato. La mia foto, prea da facebook, fece il giro del web e fui definita una specie di spia prezzolata al soldo degli spargitori di sostanze velenose nell'aria. La vicenda si è chiusa per abbandono, io non ho mai fatto nulla ho lasciato che la cosa cadesse nel dimenticatoio, sotto lo strato delle novità quotidiane che ogni giorno fanno il web, comprese le nuove accuse ad altri infiltrati che hanno solo il torto di esprimere un'opinione.

Domenica ho assistito praticamente "in diretta web" a quello che è accaduto a Catepol, a partire da una sua frase via twitter riguardante una pagina su facebook che lei ha suggerito come pagina da segnalare per via dei contenuti poco rispettosi delle persone Down. 
La pagina in questione conta circa 160.000 membri, in gran parte giovanissimi, ma non solo, e per loro stessa definizione è una pagina di Humor nero. Il loro divertimento consiste in pratica, non solo ovviamente ma in prevalenza, nell'ironizzare sulle diversità e sulle disgrazie umane: Down, Gay, Donne, terremoti, malattie e quant'altro riguardi il genere umano e perfino quello animale.
Il tweet incriminato ha avuto come esito quello di scatenare gli appartenenti al gruppo, che si sono mossi a centinaia, rispondendo al tweet in tutti i modi e i luoghi possibili in rete: insulti, minacce, foto della protagonista suo malgrado, modificate con insulti e brutali prese in giro, migliaia di accessi al suo blog alla ricerca di un post dove segnalava di essere sotto attacco, attività che si è protratta per tutta la giornata di domenica fino allo sfinimento.

Prendiamo atto quindi che nel web c'è tutta una comunità, a voler essere magnanimi, che trae divertimento dalle tragedie altrui, che confina nel divertimento ciò di cui ha in realtà paura, è un fatto normale fare ironia sulle nostre paure più profonde, non è normale identificarle nelle persone. 
In superficie si vedono giornali, blog, social, le cui scaramucce quotidiane rappresentano la lite con il vicino di casa o al parcheggio. Il resto, spesso sommerso e confinato in zone meno esplorate dai normali utilizzatori del web, c'è l'equivalente del bullo, spessissimo ragazzi nati negli anni novanta, quindi i famosi nativi digitali di cui il web decanda le mirabili gesta e le strabilianti capacità di apprendimento, che chiama i suoi amichetti armati per difendere il territorio dove spadroneggia facendo il bello e il cattivo tempo. 
La riprova è che in tanti stiamo scrivendo quanto accaduto ma nessuno di noi mette un link alla pagina. La verità, non c'è nessuno male a riconoscerlo, è che li temiamo e nessuno di noi vuole ritrovarsi un nugolo di mosconi nelle sue pagine.

Quanto accade, non tanto la pagina in questione, quanto la risposta pervenuta dai suoi iscritti sentendosi minacciati, è roba buona per sociologi, e lo sarebbe perfino per la magistratura se non fosse così drammaticamente presa da altri impegni più pressanti ed ormai eternamente in emergenza. 
Viene in mente, però, che è materia interessante per la scuola: non facciamo abbastanza per insegnare a questa sorta di "nati imparati", in realtà asinelli digitali, felice definizione di un amico della rete,  che dei contenuti si può chiedere la rimozione. Perché se il tweet di Catepol era una richiesta di rimozione inesatta, si poteva chiederle la cancellazione e chiudere lì la questione. Il fatto è che lei è diventata al pari degli altri, che il gruppo prende di mira, un bersaglio. Il momentaneo oggetto del divertimento e dello sfogo collettivo.

[edit] Ovviamente saranno ben accetti tutti i commenti che, debitamente firmati, argomenteranno anche con ironia e humor, ma sempre in modo consono, qualsiasi opinione.


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3 riflessioni:

Giuliana il 24 luglio 2012 alle ore 09:39 ha detto...

L'ho vista anche io, in diretta, la disavventura di catepol. E sì, concordo. Nessuno di noi sta mettendo un link alla pagina perché l'idea che il proprio spazio nella rete venga preso d'assalto da commenti ingestibili, insulti di qualunque specie e via dicendo è abbastanza sconcertante. E sì, è proprio la tecnica classica del bullo, metterti a un angolo con tutti i suoi amici e farti sentire terribilmente solo, così solo da non avere nessuna possibilità di reagire. Comincio però a nutrire dei seri dubbi sulla tecnica di non linkare questa gente, con l'alibi del non fare pubblicità. Non staremo di fatto legittimandoli, fingendo che non esistano? Perché esistono. Altroché se esistono.

marcoscud il 24 luglio 2012 alle ore 10:14 ha detto...

A volte mi piacerebbe testare con grandi numeri, che con pochi ha sempre funzionato benissimo, la fama di immenso menagramo di cui gode lo Scud nel mondo e sui Socialini in particolare.
Quando spiego di non avere "Nemici Vivi" la gente dopo un po' comincia a credermi.
Secondo me fanno benissimo. Io non sono superstizioso ma è un fato che io non abbia più nemici vivi.
Li avevo, li ho pianti, se ne sono andati. Qualcuno pure in modo cruento.

catepol il 24 luglio 2012 alle ore 10:15 ha detto...

Io ti ringrazio per il supporto anche morale in tutte le fasi della questione. La tecnica è classica certo, la vediamo ogni mattina in classe, dopo tutto, sappiamo benissimo di cosa parliamo.
Ora hanno un amplificatore incontrollabile, un delirio di onnipotenza, dei luoghi moltiplicabili all'infinito dove scaricare tutto quello che vogliono. Per divertimento, dicono. Senza guardare in faccia nessuno, tanto nessuno può toccarli o fermarli.
Quanti insegnanti e quanti genitori hanno veramente idea di questo sottomondo?
Ci riempiamo la bocca, io per prima, del fatto che bisogna usare le tecnologie, parlare lo stesso linguaggio che comprende anche i social ecc. ecc. ecc. Poi la situazione reale e questa. Chi ha le competenze (e, aggiungo, gli "attributi") per affrontarli? Questa è la punta dell'iceberg.

 

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