di Maestra Rosalba

lunedì 25 ottobre 2010

Da Immigranti a Saggi Digitali: Quantità Verso Qualità

L'articolo apparso ieri su Medialog, del prof. C. Rivoltella ha offerto l'occasione ad un piccolo gruppo su feisbuk di riflettere  sulla divisione di Prensky tra nativi digitali (gli alunni) e immigranti digitali(noi) che appare in buona sostanza superata dai fatti. Lo stesso Prensky propone una nuova classificazione, presupponendo il passaggio per molti di noi alla natività digitale, di fatto una cittadinanza acquisita con l'uso piuttosto intensivo. Non voglio ripetere tutta la questione, che tanto è scritta lì dove ho messo il link, vorrei esplicitare qui una riflessione che ho fatto ieri rimuginando sulla questione. La suddivisione è questa (riporto da Medialog):

a) quello del saggio digitale (digital wisdom). Si tratta di un utente, giovane o anziano che sia, capace di un uso critico e responsabile delle tecnolgoie digitali;
b) quello dello smanettone digitale (digital skilness). E' colui che possiede le competenze tecniche già attribuite al nativo: rapido, esperto, dotato di grande dimestichezza rispetto ai diversi supporti;
c) quello dello stupido digitale (digital stupidity). E' colui che delle tecnologie fa usi impropri, dannosi, trasgressivi; o anche colui che rifiuta a priori di avvicinarsi ad esse ritenendole fonte di tutti i mali.

Secondo me vi è anche un passaggio più sostanziale dalla quantità alla qualità. La prima suddivisione si basa sulla capacità di utilizzo, in termini pratici nella quantità di operazioni che il nativo riesce a compiere, praticamente tutte a fronte di un immigrante che utilizza ma senza senza avere quella scioltezza di chi con il mezzo ci è nato. D'altronde chi non si è riconosciuto in questo? E a scuola quante volte abbiamo detto che gli studenti ne sanno più di noi?

Quantità vs qualità
La nuova suddivisione pone invece l'accento sulla qualità. In fin dei conti dopo vent'anni di utilizzo come si fa a non dare la cittadinanza digitale? Certamente permangono tutte le sfumature circa l'utilizzo appropriato dello strumento che una classificazione su tre punti non può contenere. Il saggio, lo smanettone e lo stupido digitale compiono operazioni differenti in merito alla qualità dell'utilizzo. Addirittura lo stupido digitale è colui che si rifiuta di utilizzare il mezzo, e qui tornano alla mente i tanti docenti che ritengono dannose le tecnologie digitali.
L'asse è profondamente spostato: non è detto che chi con le tecnologie ci è nato, ne faccia un buon uso. Ma neppure chi ci è arrivato tradivamente. Nella questione entra l'individuo e la sua capacità di scelta, prima contava l'opportunità, l'esposizione al mezzo. Ora conta che l'uso che se ne fa. Potremo dire che questa suddivisione è più politicamente corretta? Un po' si a dire il vero.


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4 riflessioni:

Paolo Beneventi il 25 ottobre 2010 alle ore 07:55 ha detto...

Ho sentito troppe sciocchezze sui "nativi digitali". Addirittura in un convegno: "Ci vuole la LIM in classe perché PENSA come loro!".
Solo due considerazioni.
Tra i cosiddetti "immigrati" c'è chi non ne capisce nulla, ma anche ci sono quelli che hanno INVENTATO e COSTRUITO tutto questo.
Nell'uso dei mezzi di oggi, telefonini e pc "automatici" non c'è nulla di digitale. Dalla possibile "migrazione" dell'umanità verso un pensiero ANCHE digitale, intrapresa e poi abbandonata negli anni 80 e 90 (es. PROGRAMMAZIONE in BASIC e soprattutto LOGO) si è arrivati oggi all'iPad e ai pc touch screen che "ti fanno dimenticare il mouse!" Cosa c'è di digitale in tutto questo? E solo un continuo, onnicomprensivo spot pubblicitario!

Rosalba il 25 ottobre 2010 alle ore 15:57 ha detto...

Quanto tu affermi Paolo ci porta a chiederci, prima che a riflettere su quanto afferma Prensky, su cosa è in realtà essere digitali. Se essere digitali è anche conoscere un linguaggio di programmazione, come mi pare di aver capito tu sostenga, dovremmo trovare nuove categorie, che differenzino tra chi elabora e conosce i linguaggi e chi invece è un fruitore.
Le categorie sono funzionali allo studio dei fenomenie e l'analisi serve a capire dove andiamo.
Sulla LIM che pensa come gli alunni, i tuoi dubbi sono anche i miei, la LIM è solo funzionale a determinate attività. Per altre ancora ci vogliono materiali da toccare ed esplorare, poi con la lim si può concettualizzare.
Certamente il digitale è prima di tutto marketing, a volte anche nella scuola.

Chiara il 26 ottobre 2010 alle ore 19:35 ha detto...

sono d'accordo con te Rosalba, anche io non mi sentivo "immigrata digitale", per di più a casa mia i computer ci son sempre stati: mio padre ci lavorava da prima che io nascessi e mio fratello ne è stato un patito dai primi Commodore Vic20 e 64. Sarà l'aria che respiravo in casa da bambina, sarà l'indole "smanettona" per tutto ciò che è elettronico ma io non mi sono mai privata delle potenzialità che la tecnologia offre ed ho sempre seguito corsi di ogni tipo. Oggi mi sento anch'io meglio definita da Prensky ma sono anche consapevole che tutte queste mie conoscenze non sono di per sè una risorsa, lo diventano nel momento in cui vengono ben utilizzate. Proprio oggi sono venuti ad installare la LIM nella mia classe e già temo l'uso che se ne potrà fare; bella e coinvolgente ma niente di più di un pc con grande schermo se non usata con attenzione e come mezzo per veicolare, in modo accattivante ed efficace, la conoscenza.

Rosalba il 27 ottobre 2010 alle ore 15:27 ha detto...

Chiara la classificazione si è un pò come dire... adattata ai tempi e ha anche superato la dicotomia che era dettata dal tempo di esposizione, tra l'altro determinato dall'avvento stesso del computer. Giustamente ora pone l'accento sul come si utilizza, categorizzando in modo più efficace. Per chi poi la scuola è abituato a farla "facendo" molte tecnologie sono un di più che allarga l'orizzonte, non il solo modo quindi e nè il migliore, semplicemente un modo diverso.
Ma non possonoe neppure essere ignorate, il rischio per la scuola sarebbe quello di diventare anacronistica. Basta solo ricordare con quanto ritardo i computer o la lingua inglese sono arrivati nella scuola primaria.

Un caro saluto

 

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