di Maestra Rosalba

sabato 23 luglio 2011

Prima furono i moduli, poi il fondo d'istituto e infine le funzioni strumentali

All'improvviso mi sono sentita afferrare le spalle e una voce che non sentivo da anni ha detto "io questa maestra la voglio salutare". Un volto, un tono di voce familiari  e le immagini scorrono all'indietro ad una velocità impressionante. Bambini piccoli, mamme e maestre. 
Il volto sorridente esprimeva gioia e voglia di abbracciarmi, il mio stupore per l'incontro inaspettato ha efficacemente celato l'emozione.

Mi emoziono sempre quando i genitori, delle passate edizioni di alunni, mi fermano per un saluto, un ricordo. Ogni volta ricordare mi suscita un'ondata di tenerezza.  Mi affretto a chiedere cosa fanno ora i bambini. Puntualmente le mamme sorridono dicendo che ormai non sono più bambini. Che sono studenti alle superiori o all'università, che si sono sposati o che lavorano. E il discorso finisce sempre su come è stata la scuola dopo quella  dell'Infanzia: conoscere il destino scolastico dei bambini è la prima curiosità per me. Molti hanno superato le difficoltà, altri non hanno avuto problemi, qualcuno è rimasto stritolato scolasticamente senza mai riemergere.
Poi chiedono cosa faccio ora, dove sto di sede, rispondo che insegno alla Primaria, faccio vita ritirata, vado a scuola, poi a casa, non esco quasi mai nemmno a fare la spesa,  prima che me lo chiedano aggiungo in velocità che sono felice del mio lavoro e mi piace ancora di più di quando ho iniziato, da allora ho imparato soprattutto la pazienza di saper stare con i bambini, la pazienza di vederli crescere insieme a me.
Di solito la conversazione termina così: con gli auguri e un caloroso abbraccio.
Questa volta no, questa volta la mamma mi guarda intensamente  come a voler essere sicura di ciò che sta per dire e  mi racconta che la scuola non è più quella di allora, che la sorella ci ha mandato i suoi figli, che sono restati delusi, che non è stata la stessa cosa di prima... sì le maestre... si vede che non gli piace più il lavoro ed aspettano solo di andare via, che loro stanno  pensando seriamente di trasferire i bambini alla privata e gli dispiace tantissimo, perchè in quella scuola ci sono andate diverse generazioni della loro famiglia.
Io rimango senza parole, mi assale il dispiacere, mi ricordo all'improvviso che a volte la passione degli insegnanti si consuma prematuramente, in corso d'opera. Le ho suggerito di provare a parlare con le maestre, che è dovere delle famiglie comunicare il disagio, che a volte basta un segnale pr iniziare un dialogo laddove sembra spento. Mi ha risposto che faranno un tentativo e mi saluta perchè le chiacchere in mezzo agli scaffali dei negozi sono di breve durata. La guardo scomparire  e penso. 

Penso alle tappe che hanno segnato la scuola.  Quelle che mi richiamano le situazioni più calde. Prima fu la didattica, con la programmazione, l'arrivo dei moduli, io ero agli inizi allora, vedevo i colleghi discutere a volte anche con astio. Poi ci fu il fondo d'istituto, poco dopo le funzioni strumentali. Fu allora che percepimmo in tanti l'incrinarsi dei rapporti, fino al limite dell'odio tra chi prendeva quei pochi soldi in più e chi no. Poi sono piombate le riforme e l'incertezza si è insinuata nelle pieghe più profonde assieme all'aumento vertiginoso della burocrazia. Io credo che è stato in quegli anni che molti insegnanti hanno iniziato a  disamare questo lavoro e di conseguenza anche la parte che riguarda  gli alunni. Anzi non lo credo lo so per certo, perché lo sento ancora dire e perché anche io me li ricordo così quegli anni. E so che questa storia iniziò allora. E allo stesso modo iniziarono storie simili altrove.
E sono ferite rimaste a volte aperte e chissà se c'è un modo per guarire.



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