di Maestra Rosalba

sabato 17 marzo 2012

La sfuriata di pancia

In classe quarta di scuola Primaria lo studio dei verbi, la conoscenza e la differenziazione dei modi e dei tempi deve diventare fatto consolidato. Partendo dal modo indicativo di essere e avere in classe terza, in quarta è necessario affrontare queste conoscenze in modo sistematico, ciò implica non solo un tempo adeguato di esercitazione a scuola, ma anche un congruo tempo di studio a casa. 
Studio che serve a cominciare seriamente a pensare ai futuri anni di scuola.
Per quel che riguarda i verbi, ciò che aiuta non è tanto lo studio a memoria, ma cercare di capire come si formano i tempi, a cosa servono, riconoscere tempi semplici e tempi composti. 

Dopo un lungo periodo di rodaggio, mappe ed esercizi, anche per noi è arrivata l'ora di interrogare i verbi. Non sono operazioni che faccio volentieri, so già che a scavare un poco scoprirò alunni per cui l'apertura del libro e del quaderno dove scriviamo, anche con le mappe, tutto ciò che dobbiamo per forza imparare, è un evento raro. Ma non perché non piaccia imparare, anzi, ma perché l'attività di consolidamento è ritenuta noiosa e se non vi sono costretti dalla presenza di un adulto, essi rimandano ad oltranza, fino allo sfinimento, e perché pensano pure che una rilettura veloce del libro sia sufficiente. Ne abbiamo parlato altre volte di questo problema. Esso è comune a tutte le classi: la presenza della fascia di alunni con buone capacità che non affrontano lo studio. 

Credo che chi mi segue da tempo abbia ben compreso che la spinta più grossa per me  in questo delicato lavoro che è fare la maestra di scuola Primaria è la passione. La passione prende molte forme, a volte è tenerezza sconfinata, empatia, pazienza, attesa, tolleranza, indulgenza...
Altre volte la passione è rabbia, frustrazione, disappunto. Rabbia e disappunto che esplodono improvvisi di fronte alla constatazione che in troppi rimandano ai loro doveri (sì perchè anche i bambini hanno i loro doveri e lo studio è uno di quelli) procurandosi danno da soli.

Ed è così che qualche giorno fa mi sono molto arrabbiata, ma molto davvero, certo non alzando la voce, perchè quello è il più raro degli eventi che mi possa capitare, ma una vera e proprio sfuriata di pancia dettata dalla delusione per l'ulteriore tempo concesso a fronte di un magrissimo risultato, che coinvolge sempre gli stessi bambini, che mi impone di fare per altri valutazioni negative che non vorrei fare. Una richiesta di restituzione a fronte dell'impegno continuo che metto nel cercare tutti i modi possibili per farli imparare.
Ho parlato per circa dieci minuti di getto. Tant'è che ho suscitato perfino la preoccupazione di qualche genitore, oltreché di qualche alunno. Ho dovuto  rassicurare, spiegare e ricucire. 
Succede. Succede quando si ha a cuore il destino scolastico dei bambini, questo vorrei che lo si capisse non solo per me, ma per tutti gli insegnanti che perdono la pazienza in simili situazioni. 

Ieri, come da accordi precedenti, ho interrogato i verbi, non a memoria ma chiedendo di riconoscerli e di spiegare come si formano i tempi composti. E finalmente alcune mani si sono alzate, e finalmente alcune bocche hanno parlato, alcune in modo proprio fluido specificando e definendo correttamente. E finalmente ho messo bei voti (molto oltre la sufficienza) a tutta la classe e ciascuno è andato via disteso, con la sensazione di "portare a casa il risultato". Una sensazione di benessere al termine dell'ora ha pervaso tutti me compresa, la sensazione dell'innescarsi di un meccanismo più ampio del voler arrivare tutti al traguardo, sempre secondo le proprie capacità. E le cui origini stanno consapevolmente nella mia richiesta forte di restituzione.

Sul finire ho spiegato una cosa che tutti gli insegnanti sanno e che anche gli alunni dovrebbero sapere e ricordare. Quando un alunno non ha studiato, specialmente quando si è ancora piccoli, si vede dalla faccia. Perchè il volto del bambino che ha fatto la fatica di prepararsi, che ci ha provato è un volto sereno e fiducioso. Il volto del bambino che non studia il più delle volte è un volto teso e adombrato che tradisce una sorta di senso di colpa.
E allora, siccome il senso di colpa non è in effetti una bella cosa, anzi a me non piace proprio per nulla, pur sapendo che superandolo si arriva al senso del dovere, tanto vale almeno provare a fare le cose bene, poi se ci sono difficoltà i maestri e le maestre sono lì, apposta per trovare un modo per far imparare, se non tutto almeno una parte, a tutti i bambini. A volte anche arrabbiandosi moltissimo.



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