di Maestra Rosalba

lunedì 8 aprile 2013

Caparbietà a rischio estinzione

Caparbietà è un altro di quei sostantivi in via d'estinzione. Anzi no, non in via d'estinzione completa,
meglio specificare.
In realtà la parola nel suo significato originario, come spiegavo oggi ai miei alunni, ha due ordini di valori: uno positivo e uno negativo. E se quello positivo indica la volontà serrata di perseguire un obiettivo, nel secondo caso indica l'ostinazione cieca di colui che indirizza energie senza mirare l'obiettivo.
In realtà quella che sta inesorabilmente scomparendo è proprio l'accezione positiva, cioè quella volontà di perseverare fino al raggiungimento di un qualche risultato.
Ed è una questione complessa, si badi bene, anche legata alla percezione chiara dell'obiettivo che ci si proprone di raggiungere. Ora non tutti i bambini della Primaria, ormai ragazzi verso il suo finire, raggiungono tale percezione, perciò non è facile per loro capire che a volte per arrivare ai risultati, anche quelli scolastici ci vuole ostinazione. E' ancora meno facile quando in loro non è chiaro cosa vogliono, quando ancora cullati dall'età dell'infanzia, e qui chiamerei direttamente in causa la famiglia, non sono investiti dalla responsabilità di scegliere e decidere già ora del loro futuro. Quando più che compartecipazione a un progetto si tratta solamente di compresenza in un progetto.
Il punto è che a quelli il cui motivo della loro permanenza a scuola  è chiaro, e che di solito amano anche studiare, essere in qualche modo ostinati gli viene naturale. Sono quelli che se hanno finito i compiti fanno una cosina a piacere, hanno dei quaderni dove scrivono segretamente, approfondiscono con le letture, cercano su Internet. Mentre, gli altri quelli che dell'ostinazione avrebbero bisogno pensano invece che no, non gli serve, sono quelli che per capire un testo dovrebbero leggere più volte e invece lo leggono una volta e capiscono sempre il contrario. Sono quelli che con due tirate di penna finiscono i compiti, sia a scuola sia a casa, e perciò stesso si sentono la coscienza a posto e se osi dire che il lavoro è poco curato o superficiale ne fanno pure un dramma, perché i compiti in fondo sono assolti con quelle due pennellate. Poi viene anche il dubbio se ha senso rimarcare che lo studio, la passione per lo studio è più un dovere e una cura verso se stessi che verso gli altri.

A riflettere bene la scuola Primaria è la scuola delle mancate risposte. Anche perché di entrambe le tipologie degli alunni ostinati e di quelli che oggi sembrano non esserlo, non si sa come il futuro ce li restituirà. Io rimango dell'idea che queste cose ogni tanto vanno ricordate loro, anche quando non piacciono. Perché a nessuno di questi ragazzi possiamo dire che nel futuro quella stessa ostinazione sarà inutile, a meno che non si voglia affermare che la vita sarà una lunga passeggiata priva di ostacoli, priva di fossati da superare, di muri da abbattere o se si preferisce aggirare, ma questo già altri lo fanno e la scuola non può che dissociarsi.



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