di Maestra Rosalba

mercoledì 30 novembre 2011

Progetto Coltiva il tuo sogno

Ricevo, e volentieri giro agli insegnanti che fossero interressati, la segnalazione del Progetto "Coltiva il tuo sogno"

...Un percorso interattivo che evidenzia il valore positivo della progettualità e del risparmio come mezzo per raggiungere i propri sogni, che si concretizza nella bustina di semini presente nel kit didattico e che offre agli insegnanti e alle famiglie l’occasione per insegnare ai più piccoli come gestire le risorse e guardare al futuro. La scorsa edizione dell’iniziativa ha visto il coinvolgimento di oltre 2.400 scuole e la distribuzione di oltre 3.900 kit didattici nelle diverse regioni per un totale di 270.000 persone fra bambini, genitori e insegnanti.

In questa quarta edizione, Coltiva il tuo sogno mette a disposizione di bambini, insegnanti e genitori un sistema integrato di strumenti completamente rinnovati. Un libro-racconto, tante attività da fare a scuola e a casa, un focus sulla sicurezza in Rete, giochi educativi, un grande concorso con premi e finalità benefica… Il mondo di Coltiva il tuo sogno è tutto da scoprire, anche online navigando sul sito.

Partecipando al concorso I Narrastorie di risparmio, associato al progetto, le classi avranno modo di contribuire a ING Chances for Children l’iniziativa benefica promossa da ING insieme a UNICEF per abbattere gli ostacoli alla scolarizzazione in Etiopia, in India e Zambia.
 
Le scuole interessate possono richiedere i materiali telefonando al numero verde 800.42.40.88 o visitando il sito www.scuola.net 


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lunedì 28 novembre 2011

I funghi: un regno a parte in filastrocca

I funghi sono un regno a parte. Così hanno affermato gli studiosi,  superando la classificazione di Linneo che li voleva facenti parte del regno vegetale e che dopo attento studio hanno attribuito a questi spettacolari abitanti del bosco una posizione tutta loro nella classificazione delle forme di vita.

Funghi ed ecosistema
Di tutto quanto si conosce sui funghi: vita, forma e riproduzione, un aspetto altrettanto importante,  se non addirittura il più importante del quale parlare coi bambini, è il ruolo che ricoprono in natura.  Tutti i funghi, grandi e piccoli, sono utili all’ambiente, in quanto essi esercitano una funzione importantissima nell’ecosistema del bosco: alcuni fanno parte della catena nella decomposizione del materiale organico, altri sono invece svolgono una funzione  insostituibile nello sviluppo delle piante e della vegetazione boschiva.

Funghi e arte
Ma i funghi non sono solo elementi del microcosmo, quelli invisibili e spesso dannosi, o del macrocosmo, quelli  più grandi infatti, costituiscono anche caratteristici  elementi dell'immaginario fiabesco, e popolano assieme a  folletti, fate e gnomi, boschi e foreste.
Indimenticabili i funghi  delle illustrazioni  Fairy Tales, come quella a lato.
Non possiamo poi,  non far riferimento all'ambiente che li ospita, principalmente al bosco, protagonista a sua volta nelle fiabe, in cui spiccano i colorati funghetti rossi ricoperti dai punti bianchi, l'arcinota Amanita muscaria. Ecco allora un'interessante attività da scaricare e fare sul e nel bosco.

Funghi a tavola
I funghi commestibili sono molto apprezzati a tavola anche se c'è da dire che, a parte il contenuto di vitamine e sali minerali, variabili da specie a specie, contengono una scarsa quantità di proteine, zuccheri e grassi, sono il sapore e l'aroma a renderli un cibo ghiotto sia in preparazioni singole sia attraverso l'inserimento in numerose ricette.

Una ricetta facile coi funghi
E a proposito di ricette ne propongo una facile da realizzare che costituisce una sorta di piatto unico: si mette a rosolare della cipolla, si aggiunge abbondante salsiccia fresca sbriciolata e si rosola, si aggiungono i funghi porcini tagliati a listarelle, si sfuma con il vino bianco, lo si fa evaporare, poi si aggiunge la passata di pomodoro e zafferano. Si fa cuocere ancora fino a far restringere il sugo. In una pentola si fa lessare della fregola sarda in abbondante acqua salata, a cottura ultimata la si separa dall'acqua e la si versa nel sugo, mantecando generosamente con del formaggio pecorino.
Questo piatto psi può far assaggiare anche ai bambini, basta privare la loro porzione dei funghi.

Funghi ai bambini?
Manco a dirlo i funghi sono un cibo da dare con prudenza ai bambini al di sotto di una certa età. La digestione dei funghi richiede un inteso lavoro da parte del fegato, che ancora non ha raggiunto una completa funzionalità prima dei sei anni. Certamente non è vietato, per i bambini particolarmente curiosi, assaggiare piccole parti, che devono provenire da funghi sani, giovani e ben cotti.

E per parlare di funghi con i bambini ecco una filastrocca:

Fungo, funghetto

Fungo, funghetto
trovato nel boschetto!
Rosso, beige, marrone,
giallo, viola e arancione. 
Dicon ci viva dentro un folletto
con tanto di barba e di berretto,
ma vive solo di fantasia
e a pensarci mette allegria.
Abitanti del terzo regno
qualche volta lasciano il segno!
Tu al funghetto stai attento
non darlo al gatto per esperimento.
All'esperto chiedi un parere
solo così potrai sapere,
prima di accingerti a cucinare,
se è anche buono da mangiare!
 (Rosalba Cocco 28/11/11)

In questo file I funghi: un regno a parte trovate tutti i contenuti, compresa la filastrocca e le immagini per svolgere l'attività didattica, che potete collocare trasversalmente, tra scienza, geografia, italiano e educazione alla salute.

Alcune foto mie di questi giorni:

I funghi su Wikipedia

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sabato 26 novembre 2011

Il terzo compleanno di Crescere Creativamente

Questo è il post del terzo compleanno,  se questo blog fosse un bambino sarebbe già entrato alla scuola Infanzia a settembre scorso. Nel frattempo, come ogni bambino che cresce, ha imparato un numero incredibile di parole, ha imparato a stare in rete, a collaborare con altri blog, a condividere. Ha imparato a stare nei social dove spesso continua la discussione iniziata nel blog. 

E dalla rete sono arrivate e arrivano cose belle ed emozionanti:  cose che mi fanno ancora arrossire, che nascono da un complimento, da una condivisione, da una segnalazione, da un'intervista.

In rete s'impara anche a non rispondere alle provocazioni, ai commenti urlati, alle insinuazioni,  si impara a far finta di nulla, così, con nonchalance. Si impara a chiedersi se le obiezioni non abbiano un fondamento e a mettersi in discussione, a riflettere doppiamente prima di scrivere. Ed è una bella scuola, che forma nel  virtuale e nella realtà, dove alcune cose, se possibile, fanno anche più male fino al giorno in cui si comincia a sorriderne e si comprende che farle scivolare via è l'unica risposta possibile.

Sono tre anni di blog, un'avventura incredibile, di numeri che non avrei mai e poi mai osato pensare.
Un numero enorme in rapporto agli articoli che non sono poi così tanti e quasi tutti di didattica. 
Quel 27 novembre di tre anni fa, da poco rientrata nella mia originaria sede di servizio dopo un anno di assenza, una serie di cambiamenti non previsti hanno fatto vacillare la solidità su cui pensavo di stare, sono stati momenti non facili che ho superato  grazie ad una certezza, allora come oggi, gli insostituibili affetti della famiglia, mio marito in primis che ringrazio, che ha fatto di tutto in questi anni per sottrarmi alle incombenze di casa e potermi dedicare maggiormente al blog. 
Da quell'incertezza è nato questo blog, il diario autentico e fedele, dei dubbi, delle paure, della voglia immutata di imparare, dei tentativi di ricercare e innovare.
Nella mia strada ho incontrato persone nuove, persone la cui relazione si fonda sul rispetto reciproco e la stima. Ho imparato in questi anni a non avere bisogno di conferme (sì, si può vivere senza conferme),  a cercare lo poche conferme necessarie al lavoro di insegnante, nei miei interlocutori privilegiati, che sono prima di tutto i bambini, le famiglie e i colleghi con cui lavoro fianco a fianco dentro l'aula, comprendendo infine che s'impara di più dalle smentite. La sola cosa che serve davvero.
Ho rivalutato il rigore, applicandolo prima di tutto per me stessa, perchè se si vuole rigore dagli altri occorre praticarlo. Ho imparato di nuovo l'allegria ridendo con gli alunni, coi colleghi e anche in rete di tante cose che mi hanno fatto piangere, ho imparato quindi a riservare le lacrime per le due cose per cui sono veramente necessarie: la salute e la fine della vita.

E come ho letto in questi giorni, ho imparato a scrivere per comprendere, per farmi forza, per selezionare i miei pensieri buoni da quelli che non vorrei avere, perchè quando si scrive tutto appare più concreto.

Ringrazio il gruppo delle scienze e dei carnevali, al cui interno sono nate amicizie delicate e preziosissime, non faccio nomi, gli interessati e le interessate lo sanno. Ringrazio il numeroso gruppo di Facebook: sia gli amici, sia la pagina fan. Ringrazio gli amici di Twitter, in particolare quelli del #boscomela, dove pur partecipando a singhiozzo so che mi voglion un bene dell'anima e ringrazio gli amici di FriendFeed, i più recenti ma non meno importanti anche lì. Ringrazio gli amici dei blog, blogger a loro volta, coloro che commentano, coloro che mi scrivono tramite mail, ringrazio tutte le mamme e i papà, anche quelli delle mie classi, molti di loro so che mi leggono anche se non lo dicono. 
Spero di non dimenticare nessuno, consapevole che un blog si regge su una serie di  relazioni che nel tempo diventano sempre più reticolari e complesse. 

Un abbraccio a tutti e grazie.


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lunedì 21 novembre 2011

Navigare Sicuri: alleati sicuri o sicuri rivali?

Cari lettori,
mi scrive Anita Richeldi di Navigare Sicuri per segnalare che, nell’ambito delle attività di divulgazione e sensibilizzazione sul territorio previste per la stagione 2011/2012 che comprende anche una nuova edizione del Tour nelle scuole di 10 regioni d’Italia, Navigare Sicuri organizza per martedì 22 novembre a partire dalle ore 17.00 GENITORI vs FIGLIAlleati sicuri o sicuri rivali? una tavola rotonda che mette a confronto educatori e ragazzi per favorire la sicurezza e la prevenzione contro i rischi della Rete.

Obiettivo dell’iniziativa è quello di esplorare e stimolare il dialogo tra genitori e figli, allo scopo di prevenire e risolvere le principali criticità legate ai pericoli di Internet. In un contesto informale e colloquiale, senza schemi rigidi né ruoli predefiniti, quattro opinion leader del mondo del Web: Layla Pavone, Jolanda Restano, Marco Zamperini e Edoardo Schenardi uno deglli amici di Farmacia Serra Genova ) e i rispettivi figli adolescenti racconteranno, insieme ai responsabili del progetto Navigare Sicuri di Telecom Italia, il loro reciproco approccio ai fenomeni del cyberbullismo, dell’adescamento e del furto d’identità, contribuendo a identificare i territori di sinergia entro i quali educatori e adolescenti devono muoversi per difendersi dalle numerose insidie della Rete.

La tavola rotonda verrà interamente seguita in live blogging su Facebook e Twitter (utilizzando l’hashtag #genitorivsfigli) di Navigare Sicuri, e veicolata attraverso il canale YouTube con una serie di contenuti di approfondimento nelle giornate immediatamente successive all’evento.
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Classe quarta: l'accento in filastrocca

In tutte le parole c’è una sillaba che viene pronunciata con più forza delle altre. Questo aumento del tono della voce è chiamato accento, non sempre però le parole che troviamo scritte si presentano con l’accento e la maggior parte di quelle che leggiamo presentano l’accento grafico, le altre sono parole accentate che per ora non tratteremo.
In alcuni casi è facoltativo mettere l’accento, nel caso dell’accento grafico è obbligatorio. Vediamo allora, in quali casi dobbiamo sempre accentare le parole che scriviamo: 
- Quando l’accento cade sull’ultima sillaba di una parola formata da due o più sillabe: però, città, onestà, caffè, perché… 
- Sui nomi composti con tre, re, blu e su: trentatré, viceré, barbablù, lassù… 
- Sui monosillabi che, scritti senza accento, si confondono con altri di forma uguale ma con significato diverso. 

Nel file in download nel link sottostante si trova la spiegazione completa con le relative tabelle,  l'elenco di tutti i monosillabi che vanno accentati, quelli che invece non si accentano e alcuni esercizi.

E per divertirsi e ripassare le regole una filastrocca fresca di stampa:

L'accento, dove ci vuole?

Presto sii svelto a ragionare 
così l’accento non potrai sbagliare: 
metti sì per l’affermazione, 
né quando c’è la negazione. 
È, lo sai, vuol dire essere, 
metti una e se vuoi unire. 
Usa sé per le persone, 
se è invece congiunzione. 
Lì e là avverbi sono, 
per indicare questo o quel luogo.
Dà, se qualcosa c’è da dare, 
da preposizione non accentare. 
Tè e biscottini per fare merenda, 
te vuol dir tu in questa faccenda! 
(Rosalba Cocco) 



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domenica 20 novembre 2011

Ero straniero e non mi avete accolto


Se penso a questi ultimi dieci anni di scuola mi viene in mente che i collegi dei docenti, vuotati di ogni riferimento culturale e di contenuto, sono diventati un elenco di delibere, se proprio c'è da discutere e da scomporsi si passano ore, senza arrivare a decisioni unanimi, sul fondo d'istituto, le funzioni strumentali, le commissioni di lavoro o i progetti. 
Mai più che si parli di didattica, che si affrontino i temi sul destino della scuola, non solo sulle buie  prospettive di chiusura di cui è legittimo discutere, ma sul futuro culturale, sugli orizzonti, e sono quelli, che lo si voglia ammettere o meno, che un insegnante trasmette mentre parla e spiega ai suoi alunni.

E in questi giorni, ad esempio, è tornata d'attualità (casomai il tema fosse passato di moda), l'istanza riguardante i bimbi stranieri nati in Italia cui non è riconosciuta la cittadinanza Italiana fin dalla nascita, ne ha parlato il Presidente della Repubblica:
“... i bambini nati in Italia, che fino ai 18 anni si trovano privi della cittadinanza di un Paese al quale ritengono di appartenere, se ne dispiacciono e se ne meravigliano, perché si sentono già italiani come i loro coetanei." 

Ecco questo è un tema che tocca profondamente e da vicino la scuola. Un argomento su cui si dovrebbe prendere posizione in tanti, perché attiene alla didattica, attiene ai modi con i quali rendiamo veri gli argomenti che usiamo per fare scuola.

Questi bambini, nati in Italia, passano un tempo lunghissimo nelle nostre aule, assorbono e si nutrono della nostra Lingua che usano, della nostra Storia che è già la loro, della nostra Geografia che sono gli stessi spazi per tutti, e imparano l'Inglese, così così, che s'insegna nelle nostre aule. Le loro radici di individui affondano in questa terra natia, conservando memoria della terra d'origine solo attraverso i ricordi dei genitori. 
E viviamo insieme e loro respirano la stessa aria, inquinata allo stesso modo per tutti, dal primo istante di vita, però crescono lontano dall'idea, nostra, che essi siano altro e oltre noi. L'altro e oltre noi è nella nostra testa: i bambini non vengono neppure sfiorati da pensieri simili.
Un bambino vive qui e ora, in attesa del futuro, perché aspetta di essere grande. E il suo qui e ora è proprio un poggiare fisico dei suoi piedini sulla terra, questa terra, che in realtà non appartiene a nessuno.
E dispiace ancora di più pensando alle parole, del quale questo paese si fregia in virtù della legge e dei costumi, i quali possono anche più della legge scritta, al quale molto spesso, ci riferiamo anche a scuola.

"... Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato". Anch'essi allora risponderanno: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo servito?" Allora egli risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l`avete fatto a me". E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna". (Vangelo di Matteo)


Queste parole fatte proprie da ciò che è definita coscienza collettiva, possono ancora essere il lavacro domenicale nel quale immergiamo i comportamenti dei giorni feriali?

Si è fatto il tempo di tornare alle questioni importanti, ai diritti. Ripensare al patrimonio che rappresentano quei piedini che poggiano a fianco ai nostri in questa terra.
E dovremmo essere noi per primi a rivendicare la loro cittadinanza, a sancire l'appartenenza e non viceversa, loro a chiederla a diciotto. E in questa contrarietà dei fatti c'è qualcosa di molto sbagliato e incivile. Qualcosa, se le parole di sopra hanno davvero un significato collettivo, anche al di là dall'essere credenti o meno, al quale dovremo rimediare subito.

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giovedì 17 novembre 2011

Lo studio: ricordare, memorizzare i contenuti

Altre volte ci abbiamo ragionato in queste pagine, una questione posta  da un genitore via mail,  in ansia per gli esiti dello studio a casa, è ancora una volta l'occasione per richiamare alcune idee sul problema.
E alcune richieste di chiarimenti di qualche tempo fa, cui ho fatto seguire osservazioni mirate, mi hanno permesso di ragionare sull'origine dell'equivoco: l'insegnante che si lamenta del mancato studio da una parte, dall'altra il genitore che afferma di aver visto il figlio studiare e di averlo perfino interrogato. 
Non sempre queste affermazioni sono a difesa dei figli. Anzi, spesso sono sicuramente la verità. Il problema è un altro: il modo con il quale si studia. 

Ricordare
E' questo il caso, molti insegnanti della Primaria lo sanno perchè succede anche a scuola, dei tanti alunni che possiedono una buona capacità di riferire quanto hanno appena letto ricordandone tutti i particolari. Può  apparire pertanto, che  in poco tempo il bambino ha appreso i contenuti, salvo poi ricordare poco e niente quando li deve ripetere a distanza di giorni dalla lettura.

Memorizzare
In pratica accade che appena si è letto si ricordano i contenuti, ma a distanza di tempo non li si è memorizzati. La memorizzazione dei contenuti è un processo lungo e si compone di più passaggi che avvengono a distanza di tempo. Il passaggio lettura --> ripetizione è quello che eseguiamo tutti durante una semplice lettura, se riferiamo subito i contenuti ne ricordiamo una buona parte, ma già a distanza di qualche giorno molti particolari risultano sbiaditi e resterà un succo generico, senza contare l'influenza dell'interesse per l'argomento: meno è importante per noi più i particolari sfuggiranno via. 

La memorizzazione richiede azioni ripetute nel tempo
Lo studio e la conseguente memorizzazione, che a scuola deve non solo durare anni, ma anche sostenere e in qualche modo generare i successivi apprendimenti, richiede passaggi articolati.  
Per semplicità possiamo riassumere così: lettura --> ripetizione --> ripetizione con altre parole --> idee e concetti --> pausa di tempo --> ripetizione senza lettura --> lettura di controllo  --> ripetizione a parole proprie dei concetti, per parole-chiave --> pausa e se necessario ulteriore ripetizione.
Certamente anche con questo sistema entra in gioco l'interesse per l'argomento, che va comunque sempre sostenuto con spiegazioni adeguate, con i racconti adatti e le immagini. 

Occorre quindi distinguere tra la semplice ripetizione e la memorizzazione. Ecco perché a volte sia insegnanti, sia genitori hanno entrambi ragione a dire: gli uni che l'alunno  conosce i contenuti superficialmente e gli altri che l'alunno ha studiato. 
Il problema sta nel metodo di studio che non deve fare affidamento sulla momentanea capacità del bambino di ricordare subito dopo aver letto, ma sulla capacità di ricordare a distanza di tempo trattenendo non solo i particolari ma soprattutto i concetti.
Certamente poi ci sono le differenze individuali e ci sono davvero quelle persone che ricordano molto bene anche senza grandi azioni di rinforzo. 
Nei bambini sono casi meno diffusi, perchè anche la capacità di memorizzazione, che è legata a tutta una serie di dati: uditivi (il riascoltarsi ad esempio, o i rumori di fondo dell'ambiente dove si studia) visivi, olfattivi e perfino tattili, si sviluppa con il tempo e, fino ad un certo punto della nostra vita, aumenta se esercitata.

Concludendo
Quando accade che sul rendimento degli alunni vi siano discordanze tra il rendimento e l'applicazione dichiarata, ricordiamoci di chiedere come studiano i nostri alunni e di suggerire eventuali aggiustamenti  al metodo.
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mercoledì 16 novembre 2011

Un coccodrillo che spera

Nel salutare e prendere congedo dall'ex ministro Gelmini, così dichiaratamente inadeguata, per un ruolo istituzionale che presume almeno un significativo grado di conoscenza, così coraggiosamente travestita da scolaretta e così ostinatamente ripetitiva con la lezioncina imparata a memoria, ci auguriamo  di salutare allo stesso modo quasi vent'anni di attenzione e riguardo esclusivo verso la scuola privata. 
Vent'anni di disattenzione e di incapacità, del Ministero in toto, nel fornire risposte adeguate ai bisogni della scuola. 
Confidiamo in un'attenzione rinnovata, che contenendo doverosamente gli sprechi laddove ci sono, sappia mantenere quanto di buono esiste nella scuola, ricostruendo con calma e ponderazione, curando con sapienza, seppure nel tempo, le profonde ferite inferte alla cieca, alla nostra scuola pubblica, in questi anni bui .
Gli auguri di buon lavoro al nuovo Ministro sono superflui, necessario com'è allo stato attuale, cominciare a ricostruire.
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martedì 15 novembre 2011

Espansione o creazione?

Ogni promessa è debito ed ecco allora la spiegazione all'impegnativo quesito postomi da una bambina di terza, qualche giorno addietro: "Nei libri di religione c'è scritto che il mondo lo ha creato Dio, nei libri di storia c'è spiegato che il mondo è nato dal Big Bang... mi spieghi qual è l'ipotesi giusta?". 
La paura è sempre quella di dare risposte confezionate, pronte, di immediato utilizzo e definitive. La risposta alla domanda di un bambino, ci hanno insegnato che deve soddisfare, non lasciare strascichi immediati, pena la sua delusione e l'inibizione delle richieste successive.
Tutto giusto ma non valido per tutte le occasioni. Forse coi  bambini molto piccoli. La risposta ad una domanda non può che lasciare ulteriori interrogativi, sebbene plachi momentaneamente una sete, deve generare altra sete, perché la sete  è il meccanismo che spinge il funzionamento dell'apprendimento, anche con temi così coinvolgenti e delicati. 
Le risposte più belle sono quelle che, secondo me, non si possono spendere subito, quelle che occorre ragionarci, ancora e poi ancora. 

E ho iniziato a parlare chiedendo loro se ricordavano la domanda e se a casa avevano riflettuto su una possibile risposta. Una bambina ha fatto un'osservazione immediata: "Potrebbe essere che il Big Bang lo abbia fatto Dio". 
E per un attimo il discorso sembrava concluso.
Allora ho iniziato dalle origini partendo dalla nascita dei miti, dei tanti Dei cui l'uomo durante l'infanzia dell'umanità si rivolgeva fiducioso, poi diventato un solo Dio, dell'Antico Testamento, della Bibbia e della Creazione che ha attribuito a Dio l'origine del mondo. 
Finchè un giorno qualcuno, e forse anche prima in tempi molto antichi, ma quando l'infanzia dell'uomo era superata da un bel pezzo, ha cominciato a farsi domande, a chiedersi se queste spiegazioni che attribuivano agli Dei o al Dio la nascita del mondo, fossero sufficienti... 
Ho domandato ai bambini chi fossero queste persone e la solita voce in fondo, quella dell'aspirante astronoma, mi ha detto: "Gli scienziati". Ho proseguito chiedendo cosa cercavano, e la bimba, quella che aveva abbozzato la risposta iniziale, ha prontamente risposto: "Cercavano gli indizi, le prove delle origini." Esatto ho risposto io. Gli uomini hanno cominciato a cercare le prove riguardanti l'inizio e cerca che ti cerca, via via per decenni, secoli e poi millenni sono arrivati a elaborare la teoria del Big Bang, una teoria ancora giovane, che è confermata ad esempio dal rumore di fondo dell'universo, che sembra essere il suono prodotto dall'espansione originaria. 

Avviandomi a concludere soppesando e valutando, in un crescendo di preoccupazione  misto al piacere per la  narrazione che ne veniva fuori, ho detto che la prima è la risposta della religione: spiega il mondo e lo fa raccontando la storia della creazione al quale si crede per fede, cioè senza porsi domande, ma accettando il dono stesso del creato. La seconda risponde alla domande che si pone il ricercatore, che si sforza di capire i meccanismi della natura, conoscerli e spiegare i fenomeni in base a prove certe. 
Sta a noi, alle persone, scegliere quale delle due risponde meglio alle nostre domande, quelle che ci poniamo come individui e persone. 
In realtà, ho finalmente concluso, tantissime persone pensano che una non escluda l'altra e, come ha detto Chiara all'inizio, lo stesso Big Bang possa far parte di un disegno divino. Ma non lo sappiamo e voi avete tempo, studiando e facendovi tante domande come ora, per  decidere la risposta che va bene per voi: l'ipotesi dello scienziato o il racconto della verità religiosa.

Sono stata sommersa di domande, impossibile raccontare del tutto, un'ora in cui io ho parlato per mezz'ora e l'altra è stata un susseguirsi di domande: in quale momento l'uomo ha smesso di essere una scimmia, come ha fatto a diventare intelligente, come ha perso la coda. 
Ma una in particolare avrebbe meritato un'altra ora di dialogo: "Il bambino fin da quando è nella pancia della mamma, ripercorre le fasi di dell'evoluzione?" 
Questi sono tosti eh, provateci voi a risponde ora!!

L'immagine è di Wikipedia
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lunedì 14 novembre 2011

Carnevale della matematica #43

- Το Παν είναι Αριθμός!
- Illustre Pitagora, che piacere risentirvi!
- Ah, è lei! Devo confessarle che queste sue chiamate cominciano a far piacere anche a me. Sa, qui nei Campi Elisi le giornate sono un po' tutte uguali. A proposito, mi è giunta voce che il prossimo Carnevale della Matematica l'ospiterà lei.
- Ehm, sì, infatti è proprio questo il motivo per cui vi chiamavo... Mi servirebbe un aiutino per l'introduzione che sto scrivendo sulle proprietà del numero quarantatré.
- Ho capito. Siamo alle solite. Voglio proprio vedere quando si deciderà a colmare queste lacune in fatto di teoria dei numeri!
- Presto, molto presto maestro. Ma ora vi prego, non lasciatemi senza informazioni. C'è pure lo sciopero di Wikipedia. Come farei a portare a termine il Carnevale?
- Va bene. L'aiuterò. Ma lei sta cominciando ad approfittarsi un po' troppo della debolezza dei miei 2586 anni. Allora, vediamo. Il numero 43. Be', ai miei tempi lo si indicava con...


Comincia con questo surreale dialogo telefonico con Pitagora, l'edizione numero 43 del Carnevale della Matematica sul blog di Dioniso Pitagora e dintorni. Una  bella e curata  edizione, ricca di contrubuti, notizie e curiosità dal mondo dei numeri!
Buona lettura a tutti.
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venerdì 11 novembre 2011

Maestra qual è l'ipotesi giusta?

Lei è una bimba di terza, anticipataria, è una brutta definizione per indicare i bambini che pur potendo restare alla scuola Infanzia ancora un anno, per scelta delle famiglie, frequentano in anticipo la scuola Primaria. 
E' una bimba attenta, vivace, pronta. Le materie le piacciono tutte, ma si vede che ha un interesse particolare per la scienza. Non è la sola in quella classe, dove avevamo fatto quest'attività di cui ogni tanto qualcuno parla, spingendosi a dire che da grande vuole fare l'astronomo. 

Ma non è questo che vorrei raccontare. Si tratta di una classe che pone spesso domande e lei, la bimba attenta, ieri, sul finire dell'ora, si è timidamente avvicinata alla cattedra, mentre raccoglievo le mie cose per andare via e mi ha chiesto: "Ti posso fare una domanda?" "Certo se posso rispondere, lo farò volentieri."
"Nei libri di religione c'è scritto che il mondo lo ha creato Dio, nei libri di storia c'è spiegato che il mondo è nato dal Big Bang... mi spieghi qual è l'ipotesi giusta?"
Le ho sorriso, ho riflettutto soppesando per qualche secondo le parole che mi sembravano più giuste e ho risposto:  "La tua è una bella domanda, una domanda che non solo mi rende felice, ma mi fa capire quanto ti piace lo studio, mi fa capire che ragioni sulle cose che vengono dette a scuola. Facciamo così: ne parleremo con calma durante l'ora di scienze, perché la risposta richiede tempo e soprattutto ci tengo che tu e i tuoi compagni comprendiate bene". 
Poi ho preso nota della sua domanda, anche perchè non la volevo proprio dimenticare, e lei è andata al posto sorridente, soddisfatta della sua domanda, in attesa della risposta promessa.

Capita spesso che gli argomenti a scuola generino curiosità, ma questa è una domanda ragionata, articolata, frutto di una capacità di raffronto e di una concettualizzazione efficace, sicuramente anche di una grande passione, certo ancora in erba, ma fortemente presente, che ha condotto alla comprensione del fatto che religione e scienza cercano entrambe di spiegare l'origine del mondo. 

Uscendo ho pensato che a scuola dovremmo avere un calendario per segnare, anche con un semplice segno più, questi piccoli avvenimenti, così per non dimenticarcelo alla fine dell'anno quando, stanchi e svuotati, ricorderemo solo le fatiche. Forse dovremmo persino riportarlo nel registro tra i fatti rilevanti.
Facciamolo quest'elenco che è sicuramente più lungo della litania delle lamentele quotidiane.

In attesa della risposta, ecco la risposta di Fabio in un Commento lungo
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giovedì 10 novembre 2011

Dai passaggi di stato al ciclo dell'acqua

Anche i bambini pian piano scoprono che l'aspetto più affascinante dei contenuti di studio  è che si possono collegare tra loro: il sapere è una rete di informazioni. 
Ed proprio mentre parlano, intervengono e spiegano che si rendono conto di questi legami.  Se nei libri i contenuti appaiono per necessità slegati e separati, è il paziente lavoro di cucitura dell'insegnante a conferire omogenità e significatività con esempi, chiarimenti ed esemplificazioni pratiche. I bambini a loro volta rintracceranno nell'esperienza quotidiana, per similitudine, fatti e contenuti già conosciuti. 
Occorre tener presente, d'altra parte, il rischio che in una rete troppo fitta il bambino tenderà a perdersi per eccesso d'informazione, di contro  una rete a maglie larghe, può lasciar sfuggire per povertà di esempi, buona parte dei contenuti proposti, perfino quelli essenziali. 

D'altronde mantenere viva l'attenzione per tutti gli stili di apprendimento, dai più ricercati ai più semplici, significa dedicare un'attenzione costante alla quantità e qualità delle informazioni erogate. Meglio se corredate, ancora alla Primaria, da immagini, mappe e appunti.
La didattica è una misurazione continua dei nostri input e dei feedback che tornano dagli alunni: sono le espressioni rapite nell'ascolto o di contro le espressioni tese che indicano difficoltà a comprendere, annoiate o distratte per scarso coinvolgimento. Richiami continui non bastano: spesso è il contenuto e il modo di trasmetterlo che produce la concentrazione.

Il ciclo dell'acqua è uno di questi argomenti: possiamo infatti intravederne le origini nella materia e le sue trasformazioni, appena proposti, immaginarne la prosecuzione in un più ampio discorso di rispetto dell'ambiente, per non trascurare l'acqua dal punto di vista biologico e di coltura di vita.

Ecco allora una filastrocca sul ciclo dell'acqua con un finale sul rispetto del territorio. E' la seconda nata su questo blog sullo stesso tema, la trovate anche nel file in download dove c'è tutta l'attività sul ciclo dell'acqua e gli esercizi Dai passaggi di stato al ciclo dell'acqua

Il ciclo dell’acqua 

La superficie dell’azzurro mare, 
i raggi di sole fanno evaporare. 
Sale il vapore da fiumi e da laghi, 
foreste, prati e luoghi vari. 
Col freddo intenso le goccioline 
condensano in cielo ballerine, 
si uniscono strette, diventan pesanti,
cade la pioggia su tutti quanti.
Torna nei fiumi, nei laghi, al mare, 
fin sotto terra un po’ d’acqua scompare. 

Il ciclo dell’acqua è come una legge 
funziona bene se l’uomo protegge, 
non solo la casa con i suoi beni, 
anche i monti, i fiumi e gli oceani. 
(Rosalba Cocco) 

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martedì 8 novembre 2011

Le parole appropriate

Oggi si parlava del ciclo dell'acqua ed è stato logico finire a parlare del disastro accaduto in questi giorni in diverse parti d'Italia. 
A un certo punto un'alunna ha chiesto "Maestra ci puoi spiegare esattamente perché è accaduto tutto questo?" 
Allora ho spiegato a parole semplici delle abbondanti piogge, sicuramente dovute ad un cambiamento del clima, anche se questi fenomeni si sono sempre verificati nella storia, ho sottolineato che l'incuria umana verso il territorio favorisce questi eventi dalla portata disastrosa... E un alunno ha aggiunto: "E' stato un vero e proprio tsunami". Ho sgranato gli occhi, perchè dello tsunami avevamo  parlato diffusamente in occasione del terremoto in Giappone, una bambina anticipandomi prontamente è  intervenuta ricordando a tutti che il maremoto si origina dai terremoti. 
Ed ho sgranato gli occhi per un motivo che ai bambini non ho detto, le stesse parole sono state riportate dal sindaco di Genova per descrivere le proporzioni della catastrofe, e i servizi giornalistici hanno fatto da cassa di risonanza di questa infelice espressione in ogni loro resoconto. 
Le parole sono importanti così come lo sono i nomi che indicano fatti specifici. E i bambini ascoltano, e mentre ascoltano imparano e si confondono le idee, le rappresentazioni, ancora fragili, che a fatica si costruiscono dei fenomeni.
Ho dovuto rimediare al danno spiegando ancora.
Continuo a chiedermi se non sia meglio una scuola che lascia fuori l'attualità, che lascia ai genitori il compito di rimediare alla confusione che i bambini inevitabilmente fanno di fronte ad un'informazione caciarona e superficiale a cui espongono i loro figli.
E qualche volta penso che lo meriterebbero.
Sul sindaco di Genova, sulle sue improbabili descrizioni e sul piglio arrogante che è venuto fuori nelle immagini televisive, forse anche per difendersi dagli attacchi, non resta che tacere.
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lunedì 7 novembre 2011

Classe quarta: nomi primitivi, derivati e alterati

Partendo dai nomi primitivi, composti esclusivamente da radice e desinenza, riproponiamo ai bambini quanto già spiegato lo scorso anno, ampliando il discorso: focalizzando su come si formano le parole, su quali parti ci aiutano nell'analisi grammaticale (desinenza) e sulla radice che è la parte del significato. 
Dai nomi primitivi ci spostiamo sui nomi derivati che pur originando da nomi primitivi assumono significati autonomi, in particolare soffermandoci sul suffisso, la parte della parola che modifica il significato originario della nome primitivo. 
Una parola non si origina solo in virtù del suffisso, ma talvolta anche con il prefisso, sillaba che anteponendosi, anche in aggiunta al suffisso e alla desinenza, permette di ottenere nuove parole. Per passare infine ai nomi alterati che con l'aggiunta di un suffisso in un nome primitivo ne definiscono, invece, una qualità.

La parte che riguarda i nomi analizzata dal punto di vista delle "parti" che li formano è una vera e propria attività di scoperta per il bambino. Non va dispersa quindi, ma utilizzata a favore del coinvolgimento, la curiosità che si genera e persino il divertimento nello scoprire come si originano tante parole della lingua italiana. 
Come più volte si è ribadito, la grammatica italiana diventa noiosa se ridotta a semplice informazione da studiare a memoria, se invece proposta come una sorta di caccia al tesoro delle regole che governano la nostra lingua diventa occasione di riflessione e di comprensione. Quando poi gli alunni si appropriano  dei meccanismi nessuno studio a memoria si rende necessario, se non quel minimo di regole che si applicano durante la scrittura. Il resto delle informazioni si può recuperare, l'importante è averne capito i meccanismi di funzionamento. In questo senso la grammatica è molto come dire... matematica.

Nel file in download trovate tutte le spiegazioni e gli esercizi dell'unità didattica completa su radice - desinenza - suffisso - prefisso, nomi primitivi, derivati e alterati, e per la classe quarta non resterà che un semplice ripasso da fare prima della fine dell'anno
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mercoledì 2 novembre 2011

Conte d'Italia

Non so voi, ma io che ho giocato a lungo nei vicinati e nei cortili, il pari e dispari l'ho imparato così: organizzando una squadra, dividendoci a  gruppi.  
Una volta ho perfino fatto il portiere coi maschi, per raggiungere un numero uguale di partecipanti, poi presi un'infilata di goal e il quasi immediato sollevamento dall'incarico, e fu la prima e unica volta. 
Altre volte non riuscendo a trovare un volontario ci s'inventava un ruolo di arbitro o supervisore, anche quando il gioco non lo prevedeva.
Le ricordate le conte? 
Le conte e le interminabili discussioni perché qualcosa non tornava mai. Qualcuno furbescamente durante la conta, saltava il compagno sgradito: piccoli trucchi per avere la squadra migliore! Trucchi di matematica applicata li definisco ora: c'era chi in questo genere di manovre era veramente abile.
Però è così che  s'imparava,  bambini in età di scuola infanzia prima e alunni della scuola elementare poi,  a contare molto oltre il dieci, a capire quando non si poteva dividere a metà, il concetto di più e di meno si vedeva  con lo spostamento fisico dei corpi da una parte e dall'altra, perché nei vicinati di allora la decina si superava con facilità.

Quando vedo gli alunni in classe, fare le conte, rivedo quel nugolo di bambini in strada,  in aula le conte non si potevano mica fare, forse all'uscita, e durante ricreazione si stava in maniera composta. 
All'uscita ci si fermava a giocare un po' in strada, senza esagerare perchè anche allora le mamme si preoccupavano e il bello veniva al pomeriggio quando, spesso ancora prima di aver fatto i compiti, si usciva fuori a giocare.

Le conte
Ecco allora una serie di conte regionali, in molti casi dei veri e propri nonsense che se non possiamo certo usare per giocare in strada, possiamo collegarle alla geografia o alla storia: è sufficiente coi bambini di terza e quarta, la riproduzione della cartina politica dell'Italia e abbinare ogni conta alla sua regione.

E se qualcuno volesse aggiungere la sua conta, lo faccia pure nei commenti e il post verrà aggiornato.

Veneto
Piomba la stella in mezzo al mare
mamma mia mi sento male
mi sento male in agonia
prendo la barca e fuggo via. 
Fuggo via di là dal mare
dove sono i marinai
che lavoran tutto il dì
a b c d 
sta di fora proprio ti.

Basilicata
Ho una spilla regalata 
ma non so chi me l'ha data
me l'ha data mia sorella
che si chiama mortadella
me l'ha data mio cognato
che si chiama scornacchiato
me l'ha data mio cugino
che si chiama formaggino
me l'ha data mio papà
che si chiama baccalà.

Lombardia
Un, due, tre
la Peppina fa il caffè
fa il caffè con cioccolata
la Peppina l'è malata.
si è ammalata di  gran dolore
ha chiamato il dottore
il dottore con le ciabatte
qui mi duole e qui mi batte
qui mi sento una gran pena
sor dottore senza cena.

Umbria
Spigole migole, pan pan pan
Batti la ciotola, dan dan dan
Stichele Michele, pam pam pam
Batti le nacchere, tan tan tan
Stichele Michele
Stichele pa
Stichele Michele 
tam tam tam.

Campania
Tre tazzine di caffè
me le bevo tutt'e tre
tre e tre fanno sei
sei e sei fanno dodici
dodici e dodici ventiquattro
uno, due, tre e quattro.

Lazio
Il gobbino va al caffè
e domanda se ce n'è,
se ce n'è un goccettino
per il povero gobbino.

Toscana
Sotto la pergola del papa
c'è un cestino di'insalata, 
c'è un cesto di lattuga;
sorte fuori la più ciuca.

Sicilia
Trizzi trizzi tri maruzzi;
tri surelli stanno 'n casa
una prega a santu Vitu
pri pigghiarsi unu bonu zitu,
buonu zitu cuccurucù
nesci fora e vattini tu.

Sardegna
Custu è su procu
custu d'at mottu
custu d'ari scroxiau
custi si d'at pappau
e custu at nau
poitt'è chi non mi n'd at donau! (conta da eseguirsi con le dita partendo dal pollice).

(tratto da un libro di qualche decennio fa della Giunti Marzocco)

Le vostre conte
Di Claudia-cipi:
Ambarabà ciccì coccò
tre civette sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore
il dottore s'ammalò
ambarabà ciccì coccò.

Macchinina rossa dove vai?
(e il bimbo "puntato" doveva dire il nome di una località, che poi veniva sillabata per la conta).
Quanti giorni ci starai?
(e il bimbo "puntato" diceva un numero che poi serviva per la conta). I più simpatici sparavano numeri a tre cifre, che non si finiva più di contare!

La versione nel dialetto del nord Sardegna di Giovanna Arcadu della conta indicata da me:
Cust 'e su polcu
custu l'a(t) moltu
custu l'a(t)'usciadu
custu si l'at manigadu
e a su minoreddu non n'de l'han lassadu!

La conta di Dioniso, usata dai bambini della Sabina (Lazio)
Astambera cutaia a te,
beccate sto schiaffo non chiederm’ il perché,
ciripiripicchio che bel pancin,
questa è la conta del soldatin,
astambera cutaia a te!

Sempre Dioniso segnala la conosciutissima conta "Ponte ponente", la versione italiana non è altro che la desemantizzazione del ritornello di una filastrocca francese.

[Edit] Filastrocche di Bruna del Tamburo Riparato
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martedì 1 novembre 2011

L'estinzione della commemorazione

Ho cercato ieri, nel sussidiario dei linguaggi, quello che un tempo era il libro di lettura, un brano, qualcosa, una poesia, che mi permettesse d'introdurre l'argomento della commemorazione dei defunti coi bambini di quarta. 
Ho sfogliato con calma, i testi sono in ordine temporale, perchè da tempo immemore, quasi tutti,  seguono l'ordine cronologico - stagionale, si parla del rientro a scuola, poi dell'autunno e poi... poi c'è Halloween. Ho pensato che fosse un problema del nostro libro, così al pomeriggio ho avviato una discussione su Facebook e ho presto capito che è un fatto comune a molti testi. 

Nella storia umana è sempre successo che i fatti culturali si siano mischiati e contaminati, non è certo un fatto negativo che si adotti una tradizione di un altro paese. 
La cosa che ci dispiace, non solo a me, ma a tanti colleghi, non è  spiegare l'origine di Halloween o addirittura, preparare l'aula allo scopo o far giocare i bambini, perchè queste cose se ben spiegate sono semplicemente la scoperta degli usi e dei costumi del mondo.
La cosa che dispiace, dicevo,  è la scomparsa di un uso che è ancora vivo nella comunità e tra le famiglie, senza che si sappia chi lo ha deciso, o forse solo perché una ricorrenza o una festa diventa dominante rispetto ad un'altra.
L'adeguarsi dei libri non è un buon segno, soprattutto quando, superando l'aspetto antropologico, omettono di raccontare e spiegare  all'alunno quanto accade, negandondogli la  capacità di analizzare eventi e cambiamenti. 

Ecco questo è l'aspetto meno incoraggiante della vicenda, non solo la scomparsa della commemorazione dei defunti dai libri di lettura, che si badi potrebbe essere fatta anche senza usare i toni oscuri di certa letteratura intimista del passato, anche rivolta all'infanzia, ma il trattamento che si riserva ai giovani lettori, offrendo una scelta preconfezionata di eventi da celebrare, perfettamente allineati con il marketing. 

Il libro di testo dovrebbe offrire spunti di riflessione anche contrapposti, su cui fare e operare parallelismi, e se si rifà al racconto sarà il racconto delle tradizioni, tra l'altro vivissime in alcune zone.
Un libro ben fatto prima di tutto contempla il rispetto per i bambini, fornendo informazioni adeguate, e una rosa di argomenti e spunti, lasciando poi all'insegnante il compito di scegliere come argomentare in base alle situazioni contingenti della classe. 
E' per questo io trovo ancora ben fatti certi libri di lettura, quelli che, privi di retorica, lasciano al racconto dello scrittore il compito di narrare emozioni e sentimenti anche delicati, come quelli legati al mese di Novembre:

Novembre di Gustave Flaubert

E' ben triste il Novembre: alberi che si spogliano lentamente, cielo nebbioso e nuvoloso, freddo, acqua; e nell'aria uccelli che vanno a cercare la luce e il calore in altre contrade, sotto un sole più bello. 
E nei giardini? Quale tristezza! Non ci sono più i fiori! Solo i crisantemi fanno una macchia bianca, rossastra o gialla nei folti cespugli: sono fiori grandi, rotondi, fitti di petali, oppure semplici e modesti come margheritine. E ci ricordano i morti, ai quali sono destinati.
Una fredda umidità stilla dai rami nudi degli alberi: di notte gela e attorno alle piante si trova ogni mattina un cerchio bianco che, di giorno in giorno si va allargando fino a raggiungere i cigli della strada e poi tutta la campagna. Novembre è ben triste poiché non ha speranza.

Lo abbiamo analizzato ieri, prendendo in prestito il punto di vista dello scrittore, enumerando gli aggettivi, e contrapponendo le nostre sensazioni, quelle dei bambini, appunto, che poi hanno ricordato la presenza del fuoco allegro e scoppiettante nelle nostre case, i giochi nelle pozzanghere colme di pioggia, della frutta di novembre: i cachi, le melagrane, i primi mandaranci, che restituiscono il calore di un sole che per Flaubert risplende bello, ma in altri luoghi. E abbiamo parlato di Halloween questa tradizione proveniente dai paesi anglosassoni che chiude il mese di ottobre esorcizzando le paure,  contrapposta al pensiero per i nonni che non ci sono più e che ricorderemo in questi primi giorni del nuovo mese.

La realtà si fa più articolata e carica di sfumature, ma non la si spiega meglio al bambino sostituendone una con un'altra, bensì offrendo collegamenti e spunti di riflessione.
Mentre i bambini assistono quotidianamente alle immagini della morte, la si esorcizza, evitando di dire che è un fatto da mettere in conto, ma che soprattutto è l'inevitabile conclusione della nostra vita.

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