di Maestra Rosalba

lunedì 31 ottobre 2011

Carnevale della fisica numero #24

Dall'amica e collega Cristina Sperlari, del blog Il priccolo Friedrich, è online da ieri il Carnevale della Fisica numero #24. Cristina, anche lei insegnante di scuola Primaria ha ospitato questa edizione di ottobre dal titolo Sperimentare, proprio pensando alla parte più attiva della fisica, quella che prevede il fare, il provare, l'agire praticamente. Ne è così nata un'edizione del Carnevale che inizia:

Qualche breve considerazione iniziale.
Sperimentare è l'azione principale che dà significato alla Scienza. Senza gli esperimenti il progresso scientifico non avrebbe potuto portare a grandi cambiamenti nella nostra vita quotidiana e spesso è grazie agli esperimenti, al provare facendo, alle scoperte a volte casuali che si può arrivare ad innovazioni di enorme importanza.
Nel senso comune quando si “sperimenta” si tenta di fare qualcosa che mai si era provato prima di allora.


Le frasi e i disegni dei bambini sottolineano la presentazione dei partecipanti al Carnevale, a indicare l'importanza della scuola e del pensiero dei bambini, non meri spettatori, ma attivi partecipanti, attraverso l'apprendere, alla ricerca. 

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domenica 30 ottobre 2011

Dinamiche da... palestra

E' normale che man mano che gli alunni crescono, anche a scuola aumentano i conflitti. Ed è normale che i bambini al pari degli adulti abbiano simpatie, antipatie, si offendano con più o meno facilità. Anzi forse anche di più degli adulti perché inizia la fase del cambiamento e le certezze dell'infanzia  cominciano a svanire dietro le piccole ma percettibili  rivoluzioni del corpo. E i bambini questi cambiamenti li aspettano, perché non si sa come, visto che spesso da adulti si rimpiange l'infanzia, non vedono l'ora di crescere. 
Poi certo in una classe c'è tutta la rosa dei caratteri: i più arrabbiati che saltano per ogni cosa, i più timidi che vivono tutto in silenzio.

Alla scuola Primaria il compito principale è certamente la didattica, le conoscenze che devono sfociare nel saper fare e nel rendersi capaci di provare, perché la competenza vera e propria arriverà più avanti, molto più avanti. Non esula dalla didattica l'aspetto delle dinamiche di classe: l'intrecciarsi dei rapporti.  Il clima della classe può essere, a seconda delle situazioni, terreno più o meno buono per la semina. Se il clima è sereno si apprende di più, se il clima è incerto e continuamente interrotto da frecciatine e battibecchi, non conta se a voce alta o dietro le quinte, si apprende meno e male. Il flusso delle informazioni, in qualsiasi modo avvengano, con o senza strumenti digitali, è influenzato dal contorno.
Pertanto rientra nelle attività della scuola Primaria la cura e l'attenzione verso le dinamiche del gruppo, certamente di tutte quelle che come docenti ci è dato di vedere. 

Anche quando potrebbe apparire una perdita di tempo è utile fermarsi a riflettere con gli alunni sui loro rapporti, su come è possibile andare d'accordo pur essendo tutti diversi. E soprattutto occorre iniziare molto presto nel cercare la coesione del gruppo. Non una coesione intesa come amicizia, ché quello è un altro fatto, bensì la ricerca del rispetto a scuola, della tolleranza, della pazienza. La ricerca dell'obiettivo vero per cui si sta a scuola: imparare stando a nostro agio .

Anche la palestra è un buon modo per far notare agli alunni certe dinamiche: durante i giochi  a squadre accade spesso che si diano vicendevolmente la colpa degli errori, ed è difficile trovare qualcuno disposto ad ammettere l'errore. Eppure è a ciò che dobbiamo tendere: la capacità di vedere noi stessi attraverso gli altri, essere disposti a capire noi stessi.  Saperci riconoscere pregi e difetti, cose buone e cose meno buone. Questo riconoscimento, che dovrebbe appartenere a tutti a scuola, insegnanti compresi, non implica una  messa in mora dei nostri comportamenti ma il sapersi accettare con un difetto,  e, forse di più,  cercare  di non  ricadere nel medesimo errore.
Ecco un esempio, un paragone, anche fatto dall'insegnante che autorevolmente è un adulto che ha già vissuto il periodo della scuola compresi i conflitti e le grandi amicizie, può servire a capire che passiamo tutti attraverso le stesse esperienze e che il miglioramento del carattere, che poi serve utilitaristicamente a soffrire meno, passa anche da una serena visione di come siamo: dentro e fuori. L'ammissione che spesso lo star male dell'altro è speculare al nostro, pur se per motivi diversi.

E' utile in palestra fare dei giochi che evidenziando le dinamiche della classe: chi va d'accordo con chi, chi preferisci chi, giochi e attività che portino gli alunni a ripensare ai rapporti con i  compagni. Sedersi in cerchio, prendere un pallone, lanciarlo pronunciando il nome di chi lo riceve, mandare messaggi: il gioco come tramite per venirsi incontro, per rincontrarsi.
Far proporre ai bambini eventuali integrazioni e modifiche del gioco.

Durante uno di questi momenti un alunno ha suggerito: se devi dire qualcosa di bello sorridi, se invece vuoi esprimere qualcosa che non ti piace fai la faccia triste. E il gioco in palestra può aiutare,  senza fare bilanci, a passare il testimone della frustrazione, a gettarlo altrove, cercare di andare oltre. Non serve che accada a tutti costi, serve provarci, serve seminare l'idea che possiamo davvero superare anche ciò che ci infastidisce.

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sabato 29 ottobre 2011

Scie chimiche! Scie... che?

Prologo
L'altro giorno in fila per l'uscita, una bimba davanti alla porta a vetri, indicando la scia di vapore lasciata da un aereo che sorvolava il nostro cielo, ha esclamato "Maestra! Guarda una scia chimica!" Mi sono girata giacché mi trovavo di spalle alla porta per controllare loro, i bambini, e ho esclamato "Scia... che?" Poi, immaginando il seguito della conversazione, le ho chiesto cosa volesse dire la sua affermazione e la bimba, una bimba brava, attenta e capace mi ha spiegato, senza trascurare i particolari, che le capita spesso di guardare programmi come Mistero e Voyager. Allora le ho detto che le cose stanno un po' diversamente da come si raccontano. La campana dell'uscita ci ha interrotto e da quel momento ognuno ha pensato più al piatto che attendeva tutti a casa che alle scie.

Epilogo
Oggi c'era bel tempo e come avevo promesso li ho portati in cortile.  Sotto i lecci e un grande pino son stati sistemati i giochi, della scuola Infanzia: l'altalena, un percorso mobile, uno scivolo. I bambini felici giocavano mentre io sorvegliavo discretamente che non esagerassero con le rampicate, soffiava un leggero vento di scirocco, e si vedevano in cielo basse nuvole bianche, ad un certo punto un aereo delle linee civili è entrato nel nostro spazio visivo lasciando la consueta scia bianca. 
Ho chiamato a raccolta i piccoli e ho detto di osservare, a tutti sembrava che scie e nuvole si muovessero. E mentre spiegavo che le nuvole provenienti da sud-est erano basse e veloci e che la scia era molto più in alto e per capirlo dovevano guardare prendendo un punto di riferimento fisso, un albero o il tetto della scuola, mi sono ricordata dello scambio di battute dei giorni precedenti. 
Allora ho chiamato vicino a me l'interessata e le ho detto di guardare insieme a me il cielo: "Guarda quell'aereo e pensa che viaggia con il carburante, proprio come le macchine, pensa che lassù c'è molto freddo, hai presente quando fa freddo e dalla macchina sembra uscire il vapore? Ecco è la stessa cosa, ma lassù dove tu ora vedi la scia, fa molto più freddo che qui in inverno". 
Ho continuato cingendole le spalle e abbassandomi alla sua altezza: "Dall'aereo escono gas di scarico e vapore acqueo che si condensano per via delle basse temperatura. Nulla di strano e nulla che ci faccia male più di quanto non facciano male i gas di scarico delle auto". "Ed è tutto qui, non c'è nient'altro".
I bambini hanno commentato attenti, mentre con il naso all'insù rincorrevano con lo sguardo curioso le nuvole bianche e ciccione.

Siamo rientrati allegramente in aula a fare ricreazione: una mattinata iniziata un po' così, con qualche disguido, è diventata limpida e colorata. 
Ora speriamo che le informazioni camminino, perchè i bambini da bravi divulgatori a casa raccontano sempre tutto, nel bene e nel male.

[Edit] Rispondo ai commenti, in forma anonima purtoppo, che arrivano in calce a questo post. Alcuni anche offensivi.
La frase "Ed è tutto qui, non c'è nient'altro" sottintende quanto ufficialmente è dato di conoscere, perchè la scuola solo a quello può fare riferimento e soprattutto di quanto si può raccontare salvaguardando la serenità dei bambini, spesso turbata dai toni apocalittici di alcuni programmi e dai racconti degli adulti. 
L'articolo, per il quale sto ricevendo anche mail il cui tono non è certo improntato alla dialettica, non intendeva entrare nel merito della questione in sé, cosa che non potrei fare in quanto non competente, ma raccontare, come spesso ho fatto, dell'influenza che hanno i media sui bambini. 
Se anche, personalmente, ritenessi vere altre ipotesi (si badi io non mai parlato nel post di "complottismo") non potrei comunque per dovere deontologico dire nulla che possa turbare la loro crescita serena. 
L'ultima parte del post intende rimarcare, forse per qualcuno non è stato chiaro, che ogni bambino poi parlerà a casa e in questo caso saranno i genitori ad argomentare opinioni, che allo stato attuale, la scuola non può dare, attenendosi, come deve fare, all'ufficialità.

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venerdì 28 ottobre 2011

La materia e le sue trasformazioni

Nel programma della classe terza Primaria si parla di materia: partendo dalla sua definizione, passando dai tre stati della materia, la materia organica e quella inorganica e infine i passaggi di stato. Di tutto il percorso i concetti più complicati sono sicuramente i passaggi di stato. Alcuni si possono sperimentare anche a scuola, quelli più semplici e più frequenti nella realtà,  il brinamento è invece osservabile in inverno, mentre è più rara la sublimazione che avviene sono in certe condizioni climatiche e non ovunque.

Esperienze

1) Esperienza: 
Comprendere che anche l’aria pesa 
Occorrente: due palloncini uguali, un bastoncino lungo, un supporto dove mettere in equilibrio il bastoncino. 
Esecuzione: Gonfiare due palloncini uguali e fissarli con del nastro adesivo alle due estremità del bastoncino, poggiarli su un supporto in modo che stiano in equilibrio, come una bilancia. Dopo aver bucato con uno spillo uno dei palloncini, osservare cosa accade.
Conclusione: il palloncino è più pesante perché contiene l’aria. 

2) Esperienza: 
Comprendere che i solidi e i liquidi non sono comprimibili e che l’aria invece lo è. Occorrente: tre siringhe, un po’ di sabbia, poca acqua. 
Esecuzione: riempiamo una siringa d’acqua, una di sabbia e una di aria. Tappiamo ogni siringa con un dito e premiamo il pistone. 
Cosa si osserva: vediamo che nelle prime due il pistone non avanza perché i liquidi e i solidi non sono comprimibili; nella terza, cioè in quella riempita di aria, il pistone avanza in modo evidente, fino ad un certo punto. 
Conclusione: solo il pistone della siringa piena d’aria si sposta, perché l’aria è comprimibile. 

Esperienze per i passaggi di stato
Per i passaggi di stato osservare: la pentola dell’acqua che bolle fino alla fuoriuscita del vapore, notare come si deposita sui vetri e torna liquida. Osservare l’acqua che si è solidificata in freezer, lasciare poi il ghiaccio a temperatura ambiente e vedere cosa accade. Per il brinamento osservare quando nelle mattine d’inverno i prati si ghiacciano, anche se non è piovuto. Per la sublimazione il processo non è osservabile facilmente, è sufficiente dire che in alta montagna, quando è presente la neve o il ghiaccio, in alcuni climi una parte scompare direttamente tramite l’evaporazione, senza passare dallo stato liquido. 

Nel file in download tutta l'attività La materia e le sue trasformazioni

L'immagine proviene da qui
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mercoledì 26 ottobre 2011

Scienze: L'atmosfera

Con lo studio della biosfera in classe quarta inizia, in scienze, lo studio delle tre parti che la compongono: l'aria, l'acqua e il suolo.
E iniziamo proprio dall'atmosfera, con una filastrocca che brevemente sintetizza gli argomenti, i contenuti salienti che dobbiamo ricordare a proposito di questa sorta di stupefacente pellicola che avvolge il nostro pianeta.
Per passare poi a spiegare com'è composta l'atmosfera, com'è fatta, quali e quanti sono gli strati che la compongono, quali caratteristiche presentano, cos'è la pressione atmosferica e infine come si origina il vento. Tutto spiegato con i relativi esperimenti, realizzabili a scuola con pochi strumenti d'uso quotidiano, nel file in download.
Da non dimenticare la magia, intesa come profonda bellezza del nostro pianeta, e tutti gli argomeni che si prestano come collegamento al tema: il buco dell'ozono, il problema della qualità dell'aria, ma anche la meraviglia delle nubi nottilucenti  o il fenomeno delle meteore...

L'atmosfera

Avvolge la terra: è un soffio argentato
di cinque strati che van verso l'alto
 Nella troposfera ci viviamo dentro
ci piove, fa freddo e tira vento.

Eteree le nubi della stratosfera,
di madreperla sottile e leggera,
qui ci protegge di ozono lo strato
dal raggio solare ultravioletto.

Ancora più in alto nella mesosfera
fa freddo acuto il giorno e la sera.
Appaion  le nubi nottilucenti,
crepuscolari, sottili e brillanti.

Nella termosfera il caldo è inaudito
da zero gradi, fino a mille è salito
e nell'esosfera ancora cresce,
ma la gravità ora diminuisce,
così qualche gas viaggia distratto,
 nello spazio cosmico, profondo e stellato!!
(Rosalba)


Nelle immagini la sequenza dell'esperimento sugli effetti della pressione dell'aria.




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lunedì 24 ottobre 2011

Sogni e mestieri rischiosi

Il lunedì all'ultim'ora facciamo il laboratorio di lettura creativa, lo facciamo dalla prima, certo non ogni anno nello stesso giorno. Quest'anno cade di lunedì che è il primo giorno della settimana e si conclude così con leggerezza.
Oggi ho preso finalmente in mano il libro di Rodari, quello illustrato da Bruno Munari, ho scelto due brevi  brani. Durante quest'attività a volte faccio anche delle domande sulla comprensione, altre volte riassumiamo,  la maggior parte delle volte dopo aver letto, semplicemente ne parliamo. 
C'è sempre una richiesta forte di conversazione tra i bambini, in tutte le classi, gli insegnanti lo sanno bene.
Stamani ho scelto Due sognatori e Cosa farò da grande
Il primo testo lo abbiamo usato per capire, lo abbiamo smontato nelle sue parti e  commentato cercando di capire la differenza tra chi confonde i sogni con la realtà e chi invece s'impegna per realizzare i propri sogni. 
Il secondo raccontava del professor Grammaticus, che ritrova i temi dei suoi alunni di trent'anni prima. E appunto nei temi gli alunni scrivevano cosa avrebbero desiderato fare da grandi: chi musicista, chi aviatore e chi elettricista. Tanta è la curiosità che il professore si reca a trovare i suoi ex alunni e scopre che alcuni sono morti in guerra,  altri fanno lavori molto semplici rispetto a quanto desideravano da piccoli e solo uno, che da bambino voleva fare l'elettricista, era diventato professore.

Non so come, ma  la situazione ci ha preso la mano,  ad un certo punto gli alunni con le mani alzate hanno cominciato  a dire cosa vorrebbero fare da grandi: veterinari, calciatori, maestre, negozianti, piloti... E non so come abbiamo parlato di sogni da realizzare, anzi sì lo so, era il racconto precedente e il discorso è caduto su Marco Simoncelli e tutto si è fatto silenzio e i bambini si sono guardati l'un l'altro, perchè tutti sapevano tutto e tutti avevano visto tutto. 

Ho spiegato così, sorridendo loro, che anche lui rincorreva un sogno e stava facendo di tutto per realizzarlo: il sogno di essere un campione, ho detto che in parte il suo sogno di campione lo stava già realizzando. Certo attraverso uno sport che comporta dei rischi, come l'incidente che gli è accaduto ieri, e che lui stesso aveva messo in conto in qualche modo, consapevole dei pericoli.
E può succedere che la vita vada così, un giorno accade un incidente e finisce. Ho aggiunto che dobbiamo mettere comunque impegno in tutte le cose che facciamo, anche per i sogni che vogliamo realizzare, che ogni lavoro porta a correre dei rischi, ma questo non ci deve impedire di provarci.

Ho provato a non esprimere giudizi a non cadere nella retorica del destino, anche se molti bambini hanno usato quelle parole.  Certamente quando la cronaca entra in aula non è possibile far finta di nulla, continuo a credere forse erroneamente, che alla scuola spetta riequilibrare con le parole della serenità, per quel che si può, tante delle inutili parole che vengono dal vociare televisivo.
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Carnevale della Chimica #10

Popinga ha pubblicato ieri pomeriggio nel suo blog, la decima edizione del Carnevale della chimica "La chimica per la casa". E Popinga anche stavola non delude ospitando una bella edizione del Carnevale,  colorata dai bei lavori dell'artista cileno Roberto Sebastian Matta (1911 - 2002).
Alcune di notizie sul numero dieci, a cui aggiungo che dieci è il voto massimo che possiamo dare ai nostri alunni e questa edizione inizia con un ispirato ricordo artistico, come racconta Popinga:

... una buffa canzone milanese da osteria e da cabaret, che ebbe un certo successo negli anni ’60, e che fu interpretata dai Gufi, da Enzo Jannacci e, in modo surreale, da un Giorgio Gaber accompagnatore alla chitarra di un grande protagonista della Milano che fu, l’oste e musicista Luciano Sada, detto “il Pinza”. La canzone è ambientata negli anni Trenta, e racconta di come si potessero guadagnare tanti soldi e comprare una Balilla vendendo per le strade alle massaie soda, liscivia e sapone (spero che mi perdoneranno i non ambrosiani per questa ostentazione di milanesità, che comunque è cosa diversa dalla Milano arricchita e sguaiata di oggi)...

Continua la lettura su "La chimica per la casa" su Popinga per scoprire anche dove si terrà l'edizione numero undici nel mese di novembre! 

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sabato 22 ottobre 2011

Le cattive notizie

Nella carriera di un insegnante capita prima o poi di dover dire a un genitore che qualcosa non va, di dover comunicare un dubbio, una perplessità su un alunno. Sono momenti molti delicati ed è proprio in queste particolari situazioni che la professionalità del docente viene messa alla prova.

Ricordo un episodio accaduto quando lavoravo in provincia, oltre venticinque anni fa, in un paese piccolo quasi un borgo, due classi di bambini di scuola infanzia, quando ancora il tasso di natalità era fatto di numeri interi.

Non ci volle molto a rendermi conto, dopo un mese abbondante di scuola, che un bambino di quattro anni non giocava e non parlava con i compagni. Con i genitori di scuola infanzia si comunica tutti i giorni all'ingresso o all'uscita, fu così che cercai di chiedere qualche notizia sul bambino informandomi sul comportamento a casa. La madre, sulla difensiva, mi chiese il perchè di quelle domande, ma io non avrei potuto neppure volendo fornire altre spiegazioni, in realtà cercavo a mia volta di capire, spiegai che a volte il bambino non rispondeva quando veniva chiamato. Mi rispose che succedeva anche a casa, ma che le sembrava normale data l'età. 
Finì così col non darmi le informazioni che mi servivano e da quel giorno si comportò in modo sbrigativo fermandosi il meno possibile quando veniva a scuola.  Così io continuai per alcuni mesi le mie osservazioni. Segnai sul registro gli episodi più significativi e timidamente, ormai arrivati a metà anno, in accordo con la collega, riprovai a parlare con la mamma, dissi, con molta prudenza e con tutta la dolcezza possibile, che avevamo l'impressione che il bambino non udisse bene, e a quel punto ammise che questo problema era frequente anche a casa. In realtà già per caso ci eravamo accorte che il bambino si girava ogni volta che c'era un rumore improvviso, ma tenemmo per noi quell'osservazione, non essendo medici, avevamo detto anche troppo.
La settimana successiva  il bambino venne accompagnato ad una visita audiometrica, prima della fine dell'anno la madre depositò agli uffici della Direzione una certificazione, nella solita poco decifrabile calligrafia medica, e non per sordità. 

Ogni tanto ripenso a questa storia, ci ho ripensato  ogni volta che mi è capitato di comunicare ai genitori le difficoltà dei loro figli, certo raramente e per fortuna situazioni meno gravi. Di solito cose molto risolvibili, con molta pazienza e molto tatto. E in quella situazione, sarebbe stata sufficiente una parola in più o una di meno, per sbagliare tutto.

Perchè quando a scuola dobbiamo dare delle cattive notizie, il modo, la pazienza, il tono della voce, l'idea che stiamo fotografando una situazione e non emettendo una sentenza contano sempre, anzi contano più che altrove, contano quasi come quando siamo dal medico e aspettiamo una risposta. 

Solo che noi insegnanti rispetto al medico abbiamo sempre un vantaggio, parliamo di crescita, di sviluppo, d'apprendimento, parliamo nell'ottica di ciò che deve ancora avvenire, non abbiamo radiografie da analizzare. 
Essere propositivi anche quando tutto appare difficile è la sola chiave per comunicare i problemi. 

Comunicare nel modo sbagliato può voler dire spaventare un genitore, l'esito può essere quello di alienarsi la collaborazione sua e del bambino. Potrebbe voler dire rinunciare a priori a trovare una possibile soluzione al problema o a mettere in atto tutte le possibili strategie. Allo stesso modo è pericoloso comunicare la propria impotenza: è come aprire la porta alla mancanza di fiducia. 
E' possibile che anche noi siamo spaventati da quel problema, è comprensibile. Ma lo spavento, la paura della situazione o di comunicare le cattive notizie non solo non aiutano il genitore ma mettono noi in ulteriore difficoltà.
Ecco perchè vanno comunicate sempre le difficoltà senza anticiparne le origini, lasciando a chi deve, il compito d'indagarle e individuarle. 
Anche perchè chiedere l'aiuto della famiglia nell'individuare un problema serve solo a garantire le migliori strategie possibili per l'apprendimento.

N.B. In realtà i dettagli  del racconto sono diversi da quanto scritto, ma cambiare i dettagli serve a tutelare i protagonisti, anche se sono passati tanti anni da allora.

[aggiornamento] La Scuola Agnostica
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venerdì 21 ottobre 2011

La chimica "cucinata" per la scuola Primaria

Alla scuola Primaria la chimica non si chiama chimica. 
E da quando ci siamo convinti che le cose s'imparano facendole, cioè attraverso l'esperienza diretta e non solo per sentito dire, come semplici spettatori, le nostre aule si sono attrezzate rubando alla cucina una varietà di utensili e di sostanze. 
E quante volte abbiamo fatto riferimento, durante le spiegazioni, proprio all'osservazione di ciò che accade in cucina?
Il vapore che sale da una pentola con l'acqua in ebollizione e si deposita sulle pareti e i vetri. Il pane o la pizza che lievitano, una crema che s'addensa con la farina, l'aggiunta del limone nel latte per errore... Che dire poi del succo di cavolo nero per le cartine di tornasole, da usare dopo per scoprire se un prodotto è acido o basico. 
Incredibile quanta chimica si trovi in cucina. Sempre che ci sia la passione per la scoperta e la voglia di seguire i bambini con la necessaria prudenza. 
E per iniziare in allegria una filastrocca da leggere tutti insieme:

Chi, mi... ca?
Se la chimica vuoi imparare 
devi essere disposto a sperimentare.
Cerca in cucina ciò che ti serve
prepara una lista, seppur breve:
sale e zucchero per la soluzione,
farina e caffè per la sospensione.

Prendi il colino per filtrare
ti serve il pestello per sminuzzare.
Bicarbonato, aceto e limone:
no, non faremo una pozione.
Fai bollire del cavolo nero,
estrai il succo per intero,
acidi e basi imparerai,
e per i detersivi saranno guai.

La chimica in casa è divertente,
ci gioca anche chi non ne sa niente:
miscela, sminuzza, filtra, gira,
dividi, mischia, aggiungi e separa.
Misura tutto sottovoce
e usa bene il contagocce.
Non c'è formula da pronunciare:
solo da scrivere e osservare.  
Rosalba 
Post in tema
Gonfiato o lievitato?
Separare il glutine dall'amido
La chimica del gusto
Si mischia o non si mischia?
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giovedì 20 ottobre 2011

Geografia: Gli spazi e i cambiamenti

In classe terza, dopo aver compreso qual è l'oggetto di studio della geografia, esserci inizialmente occupati del mestiere del geografo e degli altri studiosi che lavorano con lui, è possibile continuare con lo studio del significato che la parola spazio acquista in ambito geografico, collegandoci anche al concetto già introdotto in classe seconda.
Lo spazio che avevamo individuato allora, era quello relativo all'aula, alla scuola, alla casa: spazi dotati di un confine.  Scoprimmo che anche il corpo che ha il suo confine con l'esterno, tramite la pelle. Scoprimmo che i confini possono essere chiusi o aperti, talvolta immediatamente visibili altre volte meno. In seguito gli spazi diventarono tanti tipi di ambienti: marino, montano, lacustre, paludoso, pianeggiante... 

Gli spazi in geografia
I paesaggi del quale si parlava fino alla classe seconda, diventano ora gli spazi: geografico, terrestre, acquatico e cosmico. Impareremo che questi ambienti non solo cambiano per effetto di fenomeni naturali, ma anche per via degli interventi umani, e a questo punto riproponiamo una distinzione che già in classe seconda gli alunni hanno imparato ad operare, tra gli elementi naturali e gli elementi antropici. 

Nel file di download: Gli spazi e i cambiamenti, i contenuti che ho proposto alla mia classe, per gli esercizi ho usato i disegni di Midisegni che piacciono tanto ai bambini, gli esercizi invece, permettono l'approfondimento in classe per alleggerire il lavoro a casa, che può così limitarsi alla lettura e al ripasso.

I diritti dell'immagine sono qui.
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mercoledì 19 ottobre 2011

Classe quarta: Progettare il testo

Per fare un buon testo, ancora nella quarta classe di scuola Primaria, gli alunni hanno bisogno di buoni spunti. 
In una classe è facile trovare alunni con la penna facile e alunni che restano lunghissimi minuti di fronte al titolo del lavoro da elaborare. La percezione è un po' quella che se chiamati a scrivere liberamente lo fanno volentieri, se costretti da un titolo vincolante fanno più fatica trovare e organizzare le idee, anche quando l'argomento viene ampiamente dibattuto. 

Il sistema scrittura
Ma scrivere è anche un fatto sistematico, non è solo l'espressione pura della creatività, come erroneamente si tende a credere. Scrivere comporta le sue regole nell'accordarsi con la creatività. Scrivere non è, in quarta di scuola Primaria, mettere insieme un paio d'idee in ordine sparso: richiede già  l'uso corretto dei tempi verbali, la connessione logica dei fatti ben concatenati e coerentemente esposti, e l'uso di una punteggiatura adeguata. 
Per produrre un testo ben fatto, occorre iniziare ad avere in mente molteplici fattori, che vanno propedeuticamente preparati e ricordati ogni volta che si scrive un racconto.

Elaborare il metodo
Per venire incontro a tutte le esigenze degli alunni, dobbiamo proporre altrettanti metodi, fornire schemi  adatti a tutti gli stili di apprendimento, che mirino sempre a rafforzare la sistematicità, lo schema mentale, che ognuno farà proprio nel tempo. L'obiettivo è  elaborare una traccia del lavoro, da sviluppare poi con la scrittura del testo vero e proprio. 
Potrà accadere ancora che  il bambino tenda rigidamente a interpretare lo schema che si prepara: che se da una parte consente il rispetto della sequenza, dall'altra ne limita in parte lo sviluppo in termini di contenuto. Quello della flessibilità nell'uso degli strumenti metodologici è un traguardo che ancora dobbiamo cercare e per alcuni non basterà la scuola Primaria a raggiungerlo.
Per raccontare, sia che si tratti di racconto fantastico sia di racconto realistico, si deve necessariamente passare dall'elaborazione di un diagramma di flusso, definendo che tipo di testo che s'intende scrivere, in che tempo, chi sono i personaggi e elencando i fatti principali in base al criterio: inizio, sviluppo e fine.

La proposta nel file di download: Progettare il testo in quarta.
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lunedì 17 ottobre 2011

Classe quarta: la punteggiatura

Quando si arriva in classe quarta di scuola Primaria, di utilizzo della punteggiatura si è già ampiamente parlato come qui.
Come spesso si è ribadito, bisogna tenere presente che gli alunni non hanno ancora acquisito l'uso spontaneo di alcune regole, ciò vale anche per la punteggiatura e ce ne rendiamo ben conto durante la correzione.
Gli alunni sono talmente impegnati nello scrivere che non badano a come dividere la frase, dove fermarla con il punto. Ancora a lungo si renderà necessario ribadire, che con una  rilettura attenta, imprimendo un po' di espressività, si possono rimediare parecchi errori.

Esempi di utilizzo della punteggiatura con letture a voce alta
Occorre ricordare, per gli alunni che già hanno compreso e che ne fanno un utilizzo appropriato,  che l'uso della punteggiatura dipende spesso anche dagli stili, dal tipo di scrittura e dal ritmo che s'intende conferire al testo. Questo concetto va spiegato tramite esempi di lettura a voce alta di testi di tipo diverso, fermo restando il rispetto generale delle regole che è necessario continuare a rinforzare con l'esercizio. Ci vorranno anni prima che ciò avvenga, e una quantità incredibile di pratica sia di lettura sia di scrittura. 

Il simbolo rappresenta l'uso della voce.
E' importante rimarcare ancora, che i simboli di cui parliamo rappresentano l'uso della voce, che durante la lettura anche la maiuscola implica un diverso utilizzo del tono di voce, tendente a rimarcare che si ricomincia con una nuova frase. Il tono della voce sale nel fare la domanda e cade verso il basso con l'esclamativo, diventa cadenzato con un elenco, apre e chiude se incontra l'inciso. 
E può diventare un'attività divertente da fare con gli alunni, l'enfatizzare sul tono della voce, per comprendere come usare la voce durante la lettura, anche giocando.

Perché la lettura, che certamente  in classe quarta acquista ulteriori e importanti scopi, in quanto anche mezzo per lo studio, può e deve restare anche un'esperienza divertente, almeno fino alla fine della Primaria, o no?

Nel file di download La punteggiatura in classe quarta,  tutte le regole d'interpretazione della punteggiatura, gli esercizi, i disegni sono di Midisegni
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sabato 15 ottobre 2011

Quei puntini di sospensione in più

Allo squillo della campana entriamo un po' in fila e un po' alla spicciolata: in fila quelli che arrivano in orario e gli altri a seguire. Cerchiamo di mantenerci in ordine nelle scale, nonostante il peso degli zaini e per me dei soliti libri  che mi occorrono per la lezione. 
Cammino in mezzo ai bambini durante quel breve tragitto che ci separa dall'aula e di solito scambiamo qualche battuta fugace. Ieri mattina un alunno mi ha detto "Ti ho visto su Facebook", "Sei su Facebook?" ho chiesto, lui ha annuito con il capo e io ridendo gli ho detto "Non osare chiedermi l'amicizia!".

In aula ci siamo messi subito a lavoro, questo è il periodo migliore, né caldo, né freddo, e siamo tutti ancora abbastanza riposati.
Stiamo imparando la punteggiatura, sempre con il nostro solito metodo: un po' se ne parla a voce,  scriviamo la parte riguardante le regole, poi qualche esercizio o sul libro o alla lavagna. Prima di chiudere l'argomento faccio un veloce riepilogo di ciò che non devono dimenticare e che interrogherò alla prima verifica utile.

E' stato sul  finire della mattinata, seduta sulla mia sedia proprio di fronte a loro, mentre si parlava dei punti di sospensione, che mi sono venute in mente le parole scambiate nelle scale. 
Allora ho detto, dando retta all'istinto,  che sono ben consapevole che questo è il periodo per loro dell'avvicinamento ai social, dei messaggi sul telefonino, (lo so già che in quinta lo avranno tutti ahinoi), ho detto anche che ciò dovrebbe avvenire quando sono più grandi, ma che d'altronde sono scelte famigliari.

Ho aggiunto che c'è una cosa veramente disturbante che avviene con l'uso di questi mezzi di comunicazione: l'insopportabile  utilizzo di una punteggiatura  scomposta, fatta di innumerevoli puntini di sospensione, di punti esclamativi a ripetizione, di ondate d'interrogativi o peggio ancora dell'uso del maiuscolo per tutto il testo.
Ho detto loro che non c'è proprio bisogno di enfatizzare e di rimarcare mentre si scrive sul web o sul telefono, che anzi è proprio sconveniente quest'uso accentuato dei simboli che rappresentano il tono della voce, come imparato poc'anzi.  
Ho aggiunto, terminando, che bisogna mantenere sempre la compostezza della grammatica, che anche su Internet è segno di buona educazione e rispetto, in questo senso è più perdonabile un errore di ortografia, una svista purchè non voluti, che non l'utilizzo, come fosse un'arma impropria, della punteggiatura.
Hanno annuito tutti sorridendo e  silenziosamente ho sperato che non fosse un assenso di circostanza.


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venerdì 14 ottobre 2011

Carnevale della matematica #42

Come ogni 14 del mese è in onda sul web il Carnevale della matematica, quella di Ottobre è l'edizione numero 42, ed è ospitata da Maurizio Codogno sul Post.
Il tema proposto, col quale si sono misurati i partecipanti, è "numeri e letteratura", ma non prima che l'autore ci abbia spiegato alcuni aneddoti  sul numero 42 di questa edizione:

Per quanto riguarda le proprietà matematiche, mi limito ad accennare come 42 sia un numero abbondante, oblungo, sfenico, l’inverso del sesto numero di Bernoulli, oltre ad essere un numero di Catalan il che significa che appare in una caterva di formule combinatorie. Preferisco aggiungere due parole in più su una caratteristica che non conoscevo affatto: 42 è un numero pseudoperfetto primario.

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giovedì 13 ottobre 2011

Fare prosa

E' stata una po' la poesia che ha sottolineato il  rientro a scuola, il primo  giorno l'abbiamo letta, abbiamo parlato del mare circondati, dal caldo estivo.
La poesia ci invitava a salutare il  mare, quasi a fare un bilancio e noi una volta letta, senza rifletterci, l'abbiamo rimessa lì a pagina  tre del sussidiario dei linguaggi.
Poi è passato quasi un mese, il caldo si è affievolito, è arrivata la pioggia, abbiamo chiuso le finestre, tirato fuori le magliette di mezza stagione e una mattina abbiamo riaperto il sussidiario a pagina tre, la poesia era ancora lì che aspettava di essere commentata, interpretata, tradotta e declinata attraverso le emozioni del poeta e le nostre.
Emozionati l'abbiamo letta ancora una volta, poi un'altra, ho letto io, poi loro.
Poi sentendomi un po' come lui qui, anche se lo fa mentre spiega Dante e certo lo so, è molto più complicato che fare la prosa di una poesia per la scuola Primaria,  ho chiesto ansiosa  un cenno e una risposta che cancellasse l'idea sottile che si stava formando nella mia testa: che il mio fosse un attimo di follia. Mi sono fatta forza pensando  che bisogna  a volte osare l'inosabile, investire nel momento e quello poteva essere un momento da non perdere. Immediato e consolante il pensiero successivo mi suggeriva che se non ci si riesce si chiude il libro e si passa tranquillamente a qualcos'altro.  

Allora ho preso la poesia verso per verso e  ho letto "Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti", ho chiesto di spiegare questi versi, quelli che il poeta usa per iniziare la poesia e che ripete sul finire come a sottolineare la condizione dell'arrivo al mare, ho insistentemente chiesto di provare a capire perchè il poeta li usa due volte... 
Quando, quasi al punto di rinunciare, una timida voce dal fondo dell'aula ha detto "sono arrivati felici e se ne vanno felici, il mare li ha lasciati com'erano, non li ha delusi", poi qualcuno ha aggiunto "anzi se ne vanno con tante cose, tutte le cose che hanno imparato dal mare,  anche la sua infelicità".
E perché il mare è infelice, ho chiesto allora, rincuorata dalle risposte sempre più numerose:"Perché è immenso, ma quando la gente va via da lì, lui rimane solo".  
"Solo, perché anche il poeta è solo e infatti lo chiama fratello mare" ho spiegato sul finire, felice.

E forse l'estate stavolta è finita sul serio, forse.

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Breve storia della geografia per i bambini

In classe terza e quarta Primaria abbiamo visto come i primi argomenti di geografia siano una riflessione sulla materia stessa: cosa serve e quali sono gli altri studi afferenti. In maniera più specifica in quarta,  inizia anche lo studio, certo enormemente semplificato, della geografia matematica, attraverso le coordinate. 
Non più un semplice guardarsi intorno, osservare i mutamenti dei paesaggi a opera dell'uomo e della natura stessa, ma un'analisi specifica che mira a interpretare e capire oltre che a conoscere
La geografia ha origine ad opera dei greci, il cui studio della civiltà appartiene al programma di quarta. E' da questa classe, infatti,  che dalla preistoria si passa allo studio della storia, utilizzando sempre la linea del tempo quale guida che permette ai bambini di ricollocare i fatti in modo da formare una rappresentazione della sequenza in cui si sono svolti.
E' importante fornire l'idea ai bambini che gli studi, l'elaborazione dei contenuti, l'esplorazione dello spazio terrestre è stato graduale, frutto anche di grandi intuizioni, affiancate solo in tempi recenti da una sofisticata tecnologia. Prova ne sono le mappe antiche così diverse da quelle che possediamo oggi.
Una piccola carrellata dei fatti, uniti a qualche immagine servirà per comprendere, che ciò che studiamo è frutto anch'esso di evoluzione. Capire  che il sapere è frutto di elaborazione e  rielaborazione alla luce di nuove (e faticose) scoperte.


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martedì 11 ottobre 2011

Fiabe e numeri

E' curioso come tantissime fiabe contengono dei numeri.
Ci sono poi autori come i Fratelli Grimm, che hanno scritto una quantità incredibile di fiabe, moltissime delle quali fanno riferimento ai numeri e li rappresentano,  sorprende  come il numero tre la faccia da padrone assoluto. 
Delle fiabe di questi "prolifici" autori, non tutte hanno raggiunto la stessa popolarità, possiamo però, ad esempio prendere quelle più famose per giocare con le quantità e far comprendere ai bambini che i numeri hanno spesso un legame con la letteratura, in questo caso quella per l'infanzia.

Il gioco adatto sia ai bambini di scuola infanzia che ai piccoli della Primaria, s'intitola:
Alla caccia del numero nelle fiabe:

Regole. Indicare numeri che si trovano nei titoli. Rappresentare i personaggi e ordinarli in base al numero crescente e decrescente. Classificare le fiabe a seconda che parlino di persone, oggetti o animali. Trovare nell'elenco le fiabe più conosciute e indicarne a linee generali la trama, trovando quanti più numeri è possibile.
E naturalmente colorare le fiabe con l'aiuto dei disegni gratuiti  su Midisegni.

In generale va bene qualsiasi criterio che permetta di trovare categorie trasversali che abbiano attinenza con il numero.

Di seguito le fiabe con un numero nel titolo, rigorsamente in ordine crescente:

Uno: Sottinteso in Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Biancaneve e quasi una conta  Unocchietto, duocchietti, treocchietti.

Due: I due fratelli / I due viandanti / I due figli del re.

Tre: I tre garzoni / Il lupo ei sette caprettini / I tre porcellini / Le tre principesse nere / Le tre piume / I tre omini nel bosco / I tre capelli d'oro del diavolo / Le tre filatrici / Le tre foglie della serpe / I tre fratelli / I tre cerusici / I tre linguaggi / I tre uccellini / I tre ramoscelli verdi / I tre figli della fortuna / I tre pigri / Knoist e i suoi tre figli / I tre medicastri.


Quattro: Il passero e i suoi quattro figli / I quattro fratelli ingegnosi.

Sei: I sei cigni / I sei servi / I sei che si fan strada per il mondo.

Sette: I sette corvi / I sette svevi / Il lupo e i sette caprettini / Sette in un colpo / Biancaneve e i sette nani.

Dodici: I dodici fratelli / I dodici apostoli / I dodici cacciatori.

Curiosità:
Cinque in un baccello è una fiaba di Hans Christian Andersen. Non ci sono fiabe rilevanti o abbastanza conosciute coi numeri otto, nove, dieci e undici.
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lunedì 10 ottobre 2011

Saper utilizzare i tempi verbali nel racconto scritto

Durante l’elaborazione del testo scritto è facile che gli alunni, in classe quarta di scuola Primaria, passino da un tempo verbale all’altro, dal presente al passato e perfino al passato remoto. 

Durante l’organizzazione del pensiero, quindi nella trasposizione in frasi, il bambino concentrato sul contenuto,  contemporaneamente al gesto dello scrivere, e non ancora perfettamente padrone della competenza richiesta per l’utilizzo coerente dei verbi, dimentica di aver iniziato con un tempo e finisce con il passare durante la stesura attraverso più piani temporali. 

E’ un po’ ciò che succede al bambino piccolo quando, raccontando, utilizza ieri o oggi senza ancora comprenderne bene il riferimento temporale, così accade con l’utilizzo dei verbi durante scrittura: si miscelano così come se ancora nel bambino mancasse la capacità di dare ordine temporale preciso proprio attraverso l’uso del tempo verbale.
Tutto normale se riusciamo a compredere che scrivere ciò che abbiamo in mente, rispettando gli aspetti grammaticali sintattici e morfologici,  richiede un'attenzione su più livelli, almeno fino a quando non si acquisisce l'automatismo.

Un aiuto significativo per arrivare a perfezionare l'utlizzo dei tempi verbali in modo coerente all'interno del testo, deriva non solo dall'esercizio, ma anche della revisione del testo. L'obiettivo deve essere anche il raggiungimento della capacità di saper raccordare i tempi verbali nel testo, se non durante la stesura almeno alla rilettura. Una sorta di autocorrezione e di presa di coscienza che piano piano rafforza la capacità di anticipare mentalmente l'utilizzo del verbo in modo uniforme durante il racconto. 

Nel file di download alcuni esercizi: Saper utilizzare i tempi verbali nel testo scritto 
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domenica 9 ottobre 2011

Il lavoro che (forse) nessuno vuol più fare

E' giusto che nelle grandi testate trovino posto le notizie di rilevanza nazionale e che nei blog, più o meno piccoli, le notizie invece si riferiscano  alla quotidianità.
E io credo che questo è l'aspetto migliore dei blog, almeno di quelli che raccontano, far conoscere le piccole storie che appartengono alla moltitudine e che gli scandali, la corruzione, che apparentemente permeano tutto, sono di una cerchia (sempre troppo grande s'intende) ma neppure così estesa.

Le storie quotidiane non si trovano scritte a grandi caratteri, perchè appunto, non fanno notizia, ma quando si conoscono, si ascoltano o si leggono restituiscono la speranza o forse per meglio dire ci ricordano, come doverosamente deve accadere, che sono le piccole notizie il carattere vero di un paese,  perchè sono la trama reale dell'esistenza. 

Ieri ho incontrato una mia amica, meglio dire ex però, perché non ci frequentiamo da quasi quindici anni.  Ci siamo frequentate quando le nostre bambine erano piccole, poi come spesso accade ognuno ha continuato la sua vita. Praticamente ci siamo scontrate di fronte allo scaffale in un negozio di scarpe e così mentre provavamo le stesse scarpe, come se il tempo non fosse passato per nulla, mi ha raccontato della figlia più grande, che a suo tempo è stata anche mia alunna.
Ora quella bimba è una ragazza di ventiquattro anni, ha studiato scienze della formazione, ha conseguito anche il titolo per il sostegno e, udite udite, le hanno conferito l'incarico annuale per il sostegno. 
Ho pronunciato sotto voce gustandomi ogni lettera "Martina è diventata maestra...", ho sentito la pelle sollevarsi in un brivido di gioia. Certo ha cambiato provincia, ma a ventiquattro anni cambiare provincia è il minimo che può capitare, si è comprata una macchina usata e viaggia nei fine settimana. 
Io spero che faccia questo lavoro con passione, come ho detto alla sua mamma, ricordandomi che anche io ho cominciato a quell'età. 

Ci siamo salutate, ciascuna con in mano la busta dell'acquisto, lei mi ha guardato commossa e ci siamo abbracciate. Questa per me era la notizia del giorno. No, non si trova nelle grandi testate, ma ogni tanto dovremmo leggere anche lì che succede ancora a qualche giovane di trovare lavoro e di fare quello che apparentemente tutti dicono di non voler più fare: l'insegnante.

I credit dell'immagine, la simpatica Maestra Margherita, sono di Nicoletta Costa
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sabato 8 ottobre 2011

Con chi studi, come studi?

Spesso abbiamo affrontato l'argomento "interrogazioni", indicando quali strategie possiamo suggerire a scuola per insegnare a organizzare un semplice discorso: le mappe, la ripetizione dei contenuti in parole semplici con l'utilizzo delle parole-chiave.
Avendo cominciato, già lo scorso anno, a parlare di interrogazioni con gli alunni di quarta e quest'anno con quelli di terza, mi sono resa conto che non è un'impresa impossibile riuscire insegnare ai bambini a riferire e raccontare i contenuti oggetto di studio, facendo in modo che quest'impegno diventi piacevole e gratificante. 
E' evidente che non possiamo pensare di avere una classe omogeneamente capace di far ciò, sicuramente però possiamo arrivare a coinvolgere un cospicuo numero di alunni.

Il primo passo: la spiegazione (tradizionale?)
Il primo "trucco" a scuola è rendere quei contenuti appetibili e in concorrenza con le mille cose, a volte più accattivanti, che circondano i bambini. 
Intanto trasmettendo la nostra stessa passione (e mi pare che ce ne sia tantissima ancora), poi evitando accuratamente la semplice spiegazione verbale. Il racconto dei fatti deve essere breve e vivace. Io per esempio mentre faccio i lavori di casa mi preparo mentalmente al racconto che farò a scuola, se serve mi cerco le informazioni (anche su internet) e cerco un legame con la realtà, attualizzando i concetti. 
Dopo il racconto e la lettura sul libro, attivo la parte pratica facendo scrivere qualche appunto, a questa età i bambini devono esercitarsi tantissimo nello scrivere, e domandando continuamente  cosa ne pensano, cosa hanno capito e di ripetere ciò che hanno memorizzato in quel momento. 
A corredo di questo lavoro e per spezzare il ritmo, ritagliamo e incolliamo le immagini sul quaderno o costruiamo  la mappa del contenuto. Il passaggio dal libro, dal racconto mio, alle loro parole e al quaderno è continuo. Non è una spiegazione in linea diretta ma su linee intrecciate, che cattura l'interesse di tutti e soprattutto tiene tutti continuamente impegnati.
Ovviamente non per tutti i risultati sono gli stessi, e non si può pretendere che lo siano.

Incamerare le informazioni
Quando andiamo alla fase di verifica chiedo a ciascun bambino di ripetere l'informazione che è riuscito a conservare, di riferire ai compagni come ha studiato, si avete letto bene come ha studiato: come ha raggiunto il risultato, con chi e che metodo ha usato. Più che alla ripetizione dei contenuti, occorre  porre l'accento al metodo di studio.
Alla domanda "come hai fatto a memorizzare" la maggior parte dei bambini risponde di aver riletto, utilizzato le parole chiave o la mappa per fare il discorso, altri ancora si  ricostruiscono  una sorta di appunti  e soprattutto, quelli più sicuri nell'esposizione, rispondono di essersi fatti ascoltare da un adulto.

L'ascolto dell'adulto serve a dare importanza alla fatica nello studio del bambino.
Ai bambini piace essere ascoltati mentre ripetono, ed è proprio questo il compito della famiglia nel sostenerli nell'apprendere i contenuti: ascoltarli ripetere, costruire la frase, magari suggerire i sinonimi, aiutarli a costruire la frase.  Non contano esclusivamente il numero delle parole o dei concetti, ma la sicurezza, la capacità di riferire ad altri ciò che si conosce, superando la comunicazione istintiva di questa età, per passare alla comunicazione organizzata, mirata verso uno scopo: far capire ad altri di sapere e di aver capito.
Sono ancora tanti i bambini che non vengono ascoltati in questa fase, per mancanza di tempo, perché è un lavoro noioso, semplicemente perchè si è stanchi. 
E loro raccontano così: mia mamma mi ascolta mentre cucina, il papà mi ascolta dopo che torna da lavoro. Molti altri lo fanno con i fratelli più grandi.
Va bene tutto purché li si ascolti.

E voi che esperienza avete da genitori o da insegnanti sullo studio a casa?
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venerdì 7 ottobre 2011

Breve viaggio nel cuore della terra, a cavallo di una filastrocca

E' il sogno che ha attraversato più di una mente, ed è caro ai ragazzi, e non solo, il romanzo dal sapore fantascientifico di Jules Verne "Viaggio al centro della terra".
Anche noi con gli alunni di terza e quarta della Primaria, per viaggiare al centro della terra, usiamo la fantasia. 
In sella alla nostra filastrocca immaginiamo di attraversare gli strati di materia velocemente fino ad arrivare al cuore caldo del nostro pianeta:

Diritti al cuore della terra

Dentro la terra non si può viaggiare,
se vuoi sapere, dev'immaginare. 
Metti in moto la fantasia,
è il viaggio più strano che ci sia. 
Cammina ora senza sosta,
 veloce  supera la crosta 
Poi con un balzo passa al mantello,
piano ora, arriva il bello!
Riprendi sempre più curioso,
c'è un nucleo pieno di ferro fuso. 
Sii prudente e abbi coraggio 
fino alla meta del tuo viaggio. 
Ancora uno sforzo. No! Non è un muro.
Attento, rallenta è metallo duro!! 
 (Rosalba Cocco 7/11/2011)

Gli strati della terra
Spieghiamo ai bambini che la terra si è originata da una palla di roccia infuocata. Questa palla pian piano si è raffreddata, ma non ovunque allo stesso modo, quindi facciamo scrivere che:
Il nostro pianeta è fatto di strati, ciascuno dei quali costituito da materiali diversi in forme diverse.
Partendo dall'interno della terra verso la superficie distinguiamo quattro strati: il nucleo, interno ed esterno, il mantello e la crosta. Per quanto riguarda la composizione chimica, il nostro pianeta è costituito per la maggior parte di ferro, poi da ossigeno, silicio, magnesio e nichel. 
Come ha fatto l'uomo a capire com'è fatta la terra al suo interno?
La struttura del nucleo pur non essendo visibile, è stata determinata a grandi linee, grazie allo studio delle onde sismiche e della loro propagazione all'interno della terra.

Download attività didattica: Breve viaggio nel cuore della terra, a cavallo di una filastrocca.
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giovedì 6 ottobre 2011

Il geografo: cosa studia e con quali strumenti

Abbiamo sicuramente avuto modo di presentare il lavoro del geografo e dei suoi collaboratori, in classe terza primaria e di fare il consueto ripasso in classe quarta, durante questo primo periodo di scuola. 
Ma quale è esattamente l'oggetto di studio del geografo e quali sono gli  strumenti che utilizza per rappresentare in modo fedele il mondo che ci circonda? 
Sicuramente il lavoro del geografo è molto cambiato negli ultimi due secoli, caratterizzati da continue innovazioni e da una tecnologia sempre più sofisticata, arrivata addirittura in orbita intorno alla terra e diventata  un ulteriore "aiutante tecnologico" del geografo.

Sarà divertente con i bambini immedesimarsi geografi e rappresentare il quartiere, la scuola, la propria casa con foto e disegni, oppure utilizzando Google maps. La tecnologia del web non solo aiuta il geografo ma aiuta anche noi nella rappresentazione di questo lavoro, il cui scopo è oggi non tanto conoscere, ma anche tenere a mente la salvaguardia della terra.

Nel file in download oltre ai contenuti, anche i consueti esercizi corredati di immagini esplicative: Cosa studia il geografo
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mercoledì 5 ottobre 2011

Cittadinanza e costituzione: Le forme di governo

Arrivati alla classe quarta è tempo  di proporre temi più complessi, per quanto riguarda la materia Cittadinanza e Costituzione. 
Se finora ci siamo limitati a concetti generali attinenti ai diritti e i doveri,  cosa è pubblico, cosa è privato, possiamo provare a spiegare quali sono le forme di governo.
D'altronde l'attualità è anche sotto i loro occhi e qualche ragguaglio orientativo della realtà che ci circonda si rende necessario,  proprio in virtù  della presenza al mondo di tante forme di governo. 
Esempi come quello attualissimo della Libia per quanto riguarda le dittature, monarchie come quella inglese dalla lunga storia, democrazie come quella americana, non sono così lontani da non poter essere portati ad esempio, per conoscere il significato concreto di parole quali: democrazia, monarchia, oligarchia e dittatura.

E d'altronde le forme di governo non sono così lontane dai modi in cui si gestisce una classe  o un gruppo, e se i criteri della maggioranza sono spesso usati come metodo di scelta nel gruppo, diventa facile capire che è lo stesso criterio usato per la gestione di uno stato democratico. Ovviamente poi sarà facile accostare le altre forme che, in estrema contrapposizione alla democrazia, si pongono come un limite alla realizzazione della persona e delle sue libertà.

Sottolineare l'importanza della democrazia e del suo esercizio tramite l'ascolto, il rispetto dell'altro, il rispetto dei diritti e l'onestà stessa degli individui, potrebbe apparire un aspetto scontato, forse no se si pensa che la voce della scuola si contrappone a una serie di fatti che  i bambini  recepiscono. loro malgrado. E forse proprio alla scuola spetta riportare l'ago della bilancia rispetto al cataclisma dele notizie. 
Senza entrare nel dettaglio e senza negare le difficoltà è sufficiente ricordare agli alunni, come ciascuno di noi può fare bene nel rispetto dell'altro.

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martedì 4 ottobre 2011

La scienza in tivù

La classe terza è una classe carina tutta a modo, fatta di bambini vivaci e curiosi. Io ci insegno geografia e scienze, cinque ore settimanali in tutto, però sufficienti a creare un buon rapporto. tra noi. Sono bambini  dolci, sensibili e soprattutto gli piace partecipare, ascoltare, intervenire e dimostrare ciò che sanno.
Oggi abbiamo fatto due ore di scienze. E le scienze gli piacciono alla classe terza. Ho spiegato il metodo scientifico e  hanno chiesto di essere interrogati. Abbiamo lavorato sodo fino al punto in cui  abbiamo parlato della materia e stavamo per concludere quando Cecilia mi ha detto con candore: "Maestra mi piacciono molto le scienze e ieri sera ti ho pensato tantissimo". 
Io l'ho ringraziata, le ho detto che anche a me le scienze piacciono tanto, che sono contenta di condividere con loro questa passione e ho chiesto come mai mi aveva pensata. Lei mi ha guardato coi suoi grandi occhi di cerbiatta, è arrossita, perché è una bambina timida, e mi ha detto: "Mentre guardavo un programma di scienze ho pensato alle cose che ci insegni, che ci fai capire" Io ho risposto: "Ciò che dici mi fa davvero piacere, raccontaci pure che programma hai visto" E lei: "Ho visto Voyager, si chiama così maestra, parlano di scienza come fai te".

Mezzo svenuta, ho raccolto le poche forze, le ho detto  con molta calma e tutta la dolcezza che sono riuscita a trovare nel tumulto di rabbia mista a nervosa ilarità  che si scatenava in me, che Voyager non è un programma di scienza, che anzi non è proprio un programma adatto  ai bambini, perché gli argomenti non sono la spiegazione delle cose di scienza ma più che altro somigliano ai pettegolezzi.
E a volte la mia fatica mi sembra uno sbattere contro il muro, il muro di programmi come quello.

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lunedì 3 ottobre 2011

Le parole-gancio o congiunzioni

Uno dei problemi principali nella costruzione del testo, nelle classi terza e quarta della scuola primaria, è la creazione del legame tra le frasi, l’omogeneizzazione del testo in un tutt’uno che lo renda congruente e logico. A questo scopo presentiamo le parole-gancio dette anche congiunzioni, la cui funzione è unire le frasi allo scopo di dare coerenza al testo. Pertanto esse vanno presentate non come un semplice modo per unificare le frasi, bensì come le parole che mettono in relazione le frasi nel testo: una relazione di tempo e di luogo, ad esempio, che indica cosa accade subito dopo, una relazione che unisce due fatti, uno conseguenza dell’altro o che semplicemente spiega quanto accade.

Ricordiamo anche che le congiunzioni sono parti invariabili del discorso che non hanno maschile, nè femminile, nè singolare nè plurale. 

Altre volte si è parlato dell'importanza di comprendere fin d'ora la rilevanza della costruzione delle frasi, e di un testo ben fatto, che alla lettura deve essere scorrevole e coerente. 
Occorre, inoltre,  far notare ai bambini che durante la lettura accade spesso di dover cambiare tono di voce proprio sulle congiunzioni, in quanto imprimere vocalità su quelle parti del discorso, significa porre l'accento sui cambiamenti  di  contenuto, sul dinamismo e il movimento che il testo ci vuole comunicare. Ancora una volta lettura e costruzione del testo ci appaiono come elementi profondamente legati. Questi sono concetti che, con esempi pratici, vanno sottolineati fin d'ora. 

Nel file di download la spiegazione completa e una numerosa sequenza di esecizi: Le parole-gancio o congiunzioni.
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